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Comune di Cosenza e Casa Circondariale insieme per la terza edizione dei laboratori teatrali per i detenuti. Presentato al Chiostro di San Domenico il progetto "Amore sbarrato 3"

la conferenza stampa dei laboratori teatrali
28 gen 2019

Era il 5 giugno del 2014 quando al Teatro “Rendano” veniva messo in scena lo spettacolo teatrale “Amore Sbarrato”, scritto e diretto dall’attore e regista cosentino Adolfo Adamo e interpretato da un gruppo di detenuti della Casa circondariale Sergio Cosmai” di Cosenza, gli stessi che per tre mesi seguirono il laboratorio teatrale che Adamo tenne all’interno del carcere cittadino. Quell'esperienza fu l'importante risultato di una strettissima sinergia tra l’Amministrazione comunale guidata dal Sindaco Mario Occhiuto che sostenne il progetto e la Casa circondariale “Sergio Cosmai”. L'anno dopo, era il 15 luglio del 2015, l'esperienza si è ripetuta con “Amore sbarrato – Il sogno continua”, culminato in uno spettacolo rappresentato al teatro “Morelli”, in cui i detenuti camminarono con le loro gambe, senza che, come nella prima occasione, l'attore e regista Adamo fosse in scena, affinché rivivessero l’esperienza del teatro in assoluta autonomia. Ora, dopo qualche anno di fermo, si riparte, grazie alla rinnovata sinergia tra Comune di Cosenza e Casa circondariale, dove, nel frattempo è arrivata una nuova direttrice, la dottoressa Maria Luisa Mendicino, che al pari del suo predecessore, Filiberto Benevento, ha sposato l'idea del laboratorio teatrale diretto da Adolfo Adamo che, nel segno della continuità avrà per titolo “Amore sbarrato 3- Il ritorno”. Le finalità sono identiche: abbattere lo stato di invisibilità dei detenuti, accorciando le distanze tra il mondo esterno e l’universo carcerario e favorendo quei percorsi rieducativi e riabilitativi che devono riguardare le persone private della libertà personale. Questa mattina, nella sala capitolare del Chiostro di San Domenico, il nuovo progetto è stato illustrato, nel corso di una conferenza stampa, dall'Assessore alla Comunicazione Rosaria Succurro (assente per impegni sopraggiunti il Vicesindaco e Assessore alla Cultura, On.Jole Santelli), dalla direttrice della Casa circondariale “Sergio Cosmai”, Maria Luisa Mendicino, dal Comandante di reparto della polizia penitenziaria Paolo Cugliari, dalla dottoressa Tiziana Giordano, funzionario giuridico-pedagogico del carcere di Cosenza e, naturalmente, dall’attore e regista Adolfo Adamo che cura la direzione del laboratorio. Il terzo laboratorio, che avrà inizio nei prossimi giorni, andrà avanti fino a giugno prossimo, quando è prevista la nuova messa in scena per la quale Adolfo Adamo sta pensando ad una rilettura di “Moby Dick” di Herman Melville. In questa nuova occasione, saranno in tutto 13 i detenuti della Casa circondariale “Sergio Cosmai” che parteciperanno a quaesta nuova esperienza: nuovi detenuti, in quanto quelli che hanno partecipato ai precedenti laboratori hanno finito di scontare la pena. Nell'esprimere soddisfazione per la ripresa dei laboratori e per la rinnovata collaborazione con la Casa circondariale l'Assessore Succurro ha ricordato il primo spettacolo del 2014 al Teatro Rendano.
“Il lavoro di Adolfo Adamo – ha detto Succurro – è particolarmente delicato e dimostra una notevole sensibilità. Siamo profondamente convinti della funzione sociale del teatro che aiuta i detenuti a compiere quel percorso rieducativo previsto dal sistema penitenziario durante il periodo in cui sono privati della libertà personale”. Ad illustrare i passaggi normativi che sottendono all'attivazione dei laboratori teatrali in carcere è stata la direttrice della casa circondariale Maria Luisa Mendicino. “La nostra legge penitenziaria risale al 1975 – ha detto - ma è piena di grandi principi e prevede, all'art.17, la partecipazione della comunità esterna all'opera rieducativa. Nei detenuti qualsiasi cosa avviene dall'esterno assume una rilevanza particolare perché in quel momento capiscono che non solo soli e che la società esterna, con le istituzioni, le associazioni di volontariato, i privati, non si è dimenticata di loro. Questo perché- ha aggiunto - il carcere deve essere parte integrante della società. La cultura è uno degli elementi fondamentali del trattamento penitenziario. Accanto ai corsi di istruzione scolastica che vanno dal livello di alfabetizzazione fino all'Università, c'è l'attività teatrale. Tra tutte le attività culturali che vengono svolte all'interno delle carceri e che sono sempre molto seguite dai detenuti, il teatro è forse una di quelle attività che è più rispondente alle esigenze trattamentali, perché, in un certo senso, facendo teatro, il detenuto si sente libero di accantonare per un attimo quella maschera che è costretto ad indossare oppure può far finta di essere una persona diversa rispetto a quella che è nella realtà. La nostra ambizione – ha detto ancora la direttrice della Casa circondariale - è quella di creare una compagnia stabile sull'esempio di quello che è stato fatto a Volterra, con la Compagnia della Fortezza, e in altre realtà carcerarie”.
Un ulteriore contributo alla conferenza stampa è venuto da Paolo Cugliari, Comandante di reparto della polizia penitenziaria. “Dare ai detenuti la possibilità di partecipare alle attività trattamentali, in primis alle attività teatrali, è molto importante – ha detto - e viene da loro recepito molto positivamente perché viene percepita come un'occasione per mostrare un lato della loro personalità che non riuscirebbero nemmeno ad immaginare”. Chi crede molto nella missione del teatro nelle carceri è la dottoressa Tiziana Giordano. “Il teatro consente ai detenuti di ripensarsi alla luce di esperienze nuove. E' un'esperienza catartica. Può accadere che una persona molto timida arrivi a calcare le scene. Ed è questa la vera la magia del teatro”.
Poi Adolfo Adamo ha raccontato la genesi di tutto il progetto, a partire dalla prima esperienza del 2014. L’idea è venuta in mente all’attore e regista quando di notte era turbato da un sogno ricorrente, quello di finire in carcere per aver commesso un omicidio. E fu allora che Adolfo pensò che per liberarsi di questo peso, superando un vero e proprio momento di smarrimento ed inquietudine, avrebbe dovuto fare qualcosa. E gli venne in mente di proporre all’Amministrazione comunale e alla Casa circondariale di andare personalmente a toccare con mano il significato della detenzione attraverso la chiave del laboratorio teatrale, recandosi nel luogo dove si respira la sofferenza. L’intuizione fu non solo felice, ma produsse dei risultati importanti. Non era una novità in senso assoluto che alcuni detenuti recitassero, all’interno del perimetro della casa circondariale di Cosenza, ma che lo facessero andando oltre le sbarre e rappresentando degli spettacoli fuori dal carcere, nei teatri della città, quella sì che era una assoluta novità. Una piccola rivoluzione.
“Il teatro – dice Adamo - è solo un pretesto per andare a vedere cosa accade dentro e oltre quelle mura. Per me era interessante conoscere le loro vite e le loro ombre, ma in maniera discreta e non invadente. E, insieme, capire il senso della libertà e la conquista della parole. Credo molto nel teatro dal punto di vista catartico”.








 

Autore: Giuseppe Di Donna