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Ripartire dal Mezzogiorno: le ragioni della nuova sinistra: Intervento del Sindaco

26 mag 2009

Su quali valori comuni e con quali linguaggi la sinistra costruisce un nuovo modello alternativo a quelli esistenti?

La solidarietà, l’attenzione verso le marginalità, l’accettazione delle differenze, l’apertura alla cittadinanza, l’attribuzione dei diritti, sono sufficienti da sole a costruire una nuova piattaforma di argomenti e categorie per creare un nuovo metodo politico?

O probabilmente abbiamo bisogno di più coraggio, di azzerare, di resettare l’esistente e di non accettarlo come dato, soprattutto non considerando il mercato come il migliore dei mondi possibili?

Credo che la possibilità di tradurre in fatti concreti i nostri gesti politici sia il vero terreno di demarcazione tra destra e sinistra.

Oggi è necessario passare dalle parole ai fatti : è importante che le parole si traducano in gesti amministrativi concreti.

L’esperienza che si sta consumando sotto i nostri occhi (mi riferisco in particolare ai movimenti ed alle associazioni) dimostra che esiste una forte domanda di partecipazione alla cosa pubblica e manifesta l’idea di tante individualità che si interrogano sullo stare insieme e sul metodo più efficace per realizzare forme di convivenza che abbiano come elemento centrale l’attenzione verso l’uomo.

Abbiamo un’occasione che è insieme straordinaria e terribile per costruire un nuovo riformismo che pur affondando le sue radici su importanti tradizioni, ha necessità di trovare nuove capacità di ascolto e linguaggi coerenti.

Bisogna abbandonare il dualismo politica-movimenti ed immaginare piuttosto un’onda lunga che li contenga entrambi.

I movimenti, infatti, sono la forma più fluida e meno rigida, una sorta di luogo neutro che può fare da collante a quelle energie che altrimenti forse non si avvicinerebbero neanche alla politica.

Proprio dalle autonomie locali può partire una sperimentazione di politiche che possano aiutare a trovare il filo conduttore comune. Proprio all’interno delle città si possono sperimentare politiche di inclusione e di accesso ed anche possibilità di rappresentanza non istituzionale e non formale.

Le municipalità devono intendersi come il luogo fisico di un nuovo laboratorio.

E’ a partire dalle città che si possono tracciare nuovi scenari.

Ripartire dalle municipalità significa immaginare luoghi più vicini alla cittadinanza.

E’ da qui che possono prendere le mosse nuove forme di accesso al governo e nuove possibilità di essere partecipi dei processi decisionali.

La città deve essere il luogo in cui anche attori politici non formali possono dare il loro contributo e sollecitare le forme più tradizionali di rappresentanza e di confronto.

Speculare a questo ragionamento resta la responsabilità di creare sinergie fra autonomie per costruire una rete di esperienze ed uno scambio vicendevole fra comunità.

Piuttosto che attardarci in ragionamenti (il maggioritario, il proporzionale, alla francese) che appaiono come ristretti ad un ambito di addetti ai lavori e che rimarcano la distanza con il cittadino, sembrerebbe più opportuno domandarsi quali forme di relazione, di scambio e di organizzazione dei processi decisionali si possono costruire all’interno di una comunità.

I movimenti ci consegnano un approccio alla politica totalizzante, che trasuda passione civile e quel giusto senso di utopia senza il quale la politica diventa un lavoro da ragionieri perché, per dirla col poeta: il meglio della seppia è l’osso, il resto è per i cuochi.

Se non riusciremo a lasciarci contaminare dalle variegate istanze che il colorato mondo dei movimenti esprime, saremo incapaci di produrre un nuovo modello della rappresentanza che appassioni, che solleciti partecipazione e che dia senso etico al nostro agire.

Non bisogna avere paura di assumere un altro linguaggio (che poi è quello nostro, tradizionale riformista) che parla di etica solidale, di equità sociale e di democrazia di prossimità, che dà forza al progetto ed alla visione di un nuovo socialismo solidale.

Il problema è proprio questo, in un momento in cui tutto è in movimento ed in cui lo sforzo sarà quello di trovare un collante tra diverse esperienze di pratiche della solidarietà e tradurle in progetto politico.

In questa prospettiva il Mezzogiorno, liberato dall’attesa dell’intervento esterno, dalla logica del posto fisso, dal passatismo e dalla rinuncia, chiede luoghi di espressione e rivendica un nuovo modo di manifestarsi.

In questi ultimi anni il Sud è molto cambiato pur di fronte allo sviluppo puntiforme, non sistemico, ancora fragile ed incerto.

E’ comunque cresciuto nelle sue popolazioni, nelle nuove generazioni scolarizzate, l’orgoglio della propria identità e dell’appartenenza.

Si è fatta strada una domanda di nuova politica e di diritti di cittadinanza; non più tutela e assistenza, ma parità di opportunità.

A questo nuovo Sud bisogna rivolgere attenzione ed offrire una chance per essere protagonista ed incanalare questo grande bacino di energie, saperi, tradizioni e sensibilità.

E’ nei diversi Sud del Mondo che possiamo sperimentare nuovi modelli economici.

E’ nei Sud che compongono il Mezzogiorno che possiamo sperimentare nuove forme di scambio e di relazione non soltanto tra merci, ma soprattutto tra individui.

Il nostro Sud ha bisogno di essere incoraggiato nelle sue autonomie, nelle sue qualità attrattive, nella sua vivacità, nel suo suggestivo pendolare tra persistenza e modernizzazione.

Il Mezzogiorno non ha solo bisogno di infrastrutture o della favola del ponte tra Scilla e Cariddi. Ha bisogno piuttosto di sentirsi reale metafora dell’essere ponte tra culture diverse.

Ed è proprio in questo nuovo Mezzogiorno che la sinistra può ritrovare la sua ragion d’essere. E’ nei Sud del Mondo che il riformismo può trovare nuove energie, nuova linfa, nuova forza.

Eva Catizone Sindaco di Cosenza

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