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Il regista cosentino Francesco Gallo presenta il suo documentario sulle discriminazioni razziali in commissione cultura

il regista Francesco Gallo durante la seduta della
16 lug 2020

Un documentario costruito facendo ricorso a preziosi materiali di repertorio, ricercati con cura minuziosa dal regista cosentino Francesco Gallo e che restituiscono una fotografia estremamente autentica, a tratti cruda, ma vera, della storia delle discriminazioni razziali in America. Il suo titolo è “Negri. Sport in the U.S.A” ed è stato presentato in anteprima il 25 giugno al cinema Citrigno di Cosenza. A produrlo, la Rooster, in occasione del 400° anniversario dell’arrivo negli Stati Uniti dei primi schiavi dall’Africa. Il documentario di Francesco Gallo, che lo ha anche scritto oltre che diretto, era già pronto a gennaio, ma è stato bloccato dal lockdown. Da quando è stato poi possibile farlo circolare, negli Stati Uniti stava riesplodendo la questione razziale, culminata con l'uccisione di George Floyd. Una ragione in più per considerare “Negri. Sport in the U.S.A” un documento eccezionale di stringente attualità. Un aspetto, questo, che è stato colto al volo dal Presidente della Commissione cultura di Palazzo dei Bruzi, Massimiliano Battaglia che ha invitato il regista Francesco Gallo a discuterne davanti all'organismo consiliare.

Nella sua introduzione il Presidente Battaglia si è detto particolarmente felice di ospitare in commissione cultura il regista e storico dello sport Francesco Gallo “perché – ha aggiunto -il tema affrontato nel suo documentario è molto sentito. Facendo anche volontariato, mi sento molto vicino a questo genere di problematiche. Siamo orgogliosi di avere un regista della nostra terra che porta avanti questa causa e queste idee che sono delle vere e proprie missioni culturali”.

La questione razziale – ha poi detto il regista Francesco Gallo - dura da 400 anni e ho voluto iniziare a raccontarla perché oltre che in America, nel nostro Paese, ma anche in Europa e nel resto del mondo, i rigurgiti di xenofobia e di intolleranza razziale sono all’ordine del giorno. Da regista ho avvertito la necessità, quasi l’urgenza di raccontare questo grido di dolore e ho voluto farlo attraverso le vicende dei più grandi atleti afroamericani della storia. Ho provato a raccontare un secolo di storia degli Stati Uniti attraverso le vittorie, ma anche le innumerevoli difficoltà che questi grandi campioni, ma non solo loro, hanno dovuto affrontare per potersi esprimere non solo a livello sportivo, ma anche sociale e culturale. Il titolo che ho dato al documentario – ha spiegato ancora Gallo -è volutamente provocatorio. “Negri”, infatti, è l’espressione di disprezzo che la dice lunga sul retroterra che c’è in parte degli americani, nei confronti degli afroamericani che fanno ancora fatica ad integrarsi in alcuni contesti della società”. Gallo ha poi dato, in commissione, la notizia che il suo documentario ha vinto un premio al festival di Los Angeles attribuito da una giuria tutta di americani e che è stato selezionato anche ad un altro Festival, a Nizza.” Speriamo di poter raggiungere ad ottobre sia la Francia che gli Stati Uniti per poter ritirare questi riconoscimenti”.

Il Presidente della Commissione Cultura Battaglia ha invitato a portare la sua personale testimonianza anche il mediatore culturale e docente Ibrahim Djop che risiede e lavora a Cosenza dal 2006 e che ha definito il lavoro di Francesco Gallo “un film molto forte che fa affiorare le discriminazioni razziali e nei riguardi delle comunità afroamericane. Questo tipo di atteggiamenti o violenze a Cosenza non le ho mai viste – ha detto. Non ho mai avuto difficoltà legate a queste manifestazioni gratuite verso la comunità africana. Siamo fortunati qui. Le relazioni con la comunità cosentina sono improntate alla civile convivenza”. Nel corso della commissione sono venute due proposte. Dal consigliere Gisberto Spadafora quella di installare su Corso Mazzini, accanto alla panchina rossa contro il femminicidio anche una panchina con i colori dell’antirazzismo sull'esempio di quanto è stato fatto a New York al Central Park, “per ricordare che su questo tema non bisogna mai abbassare la guardia”. Dalla consigliera Bianca Rende è invece venuta l'idea di organizzare per settembre, alla riapertura delle scuole, al cinema Citrigno che ha il tetto apribile, compatibile con la normativa Covid, una proiezione seguita da un dibattito riservato alle scuole. “I film – ha detto - svolgono un ruolo di mediazione culturale efficace, più di ogni convegno, e i ragazzi sono molto più ben disposti a seguirli con interesse”.

Tornando al documentario, Gallo utilizza, da specialista in materia e da storico dello sport, il registro sportivo per raccontare pagine di riscatto sociale siglato attraverso le imprese di campioni, recordman e atleti delle più diverse discipline. Sembra questo un espediente per alleggerire a tratti il carico della narrazione, ma la verità nuda e cruda si staglia ancor di più amara – e questo Gallo lo sa cogliere con particolare merito -nella misura in cui le imprese degli atleti afroamericani vengono esaltate finché servono al potere politico, ma non tardano ad essere ricacciate nel dimenticatoio non appena le stelle del momento non brillano più. Francesco Gallo suddivide la sua narrazione in capitoli e si serve di una colonna sonora scelta con particolare accuratezza, attingendo a piene mani a standard o classici dell'era del jazz e del blues, ma spingendosi anche oltre, quando si tratta di introdurre questo o quel periodo storico. “Negri. Sport in the U.S.A” racconta un secolo di storia afroamericana attraverso le gesta, non solo sportive, ma molto spesso anche dall'intrinseco significato politico, dei più grandi atleti di colore che hanno scandito la storia del pugilato, dell'atletica leggera, del basket, del baseball, del football americano. E così si va da Tom Molineaux, uno schiavo della Virginia che diventa il primo pugile afroamericano professionista, al ciclista Marshall Taylor, altro afroamericano di Indianapolis soprannominato “il ciclone nero” per la potenza della sua corsa su pista e per il quale faceva il tifo anche Teodoro Roosvelt. Alla schiera dei pugili di colore appartengono anche Jack Johnson e più tardi Joe Lewis, il “pugile col volto di pietra”. Francesco Gallo racconta gli splendori e le miserie degli atleti di colore. Molti di loro diventano l'emblema di una lotta che non è soltanto razziale, ma è anche rivoluzione culturale e lotta politica. Di quest'ultima si fa paladino Jesse Owens, trionfatore nell'atletica, con 4 medaglie d'oro, alle Olimpiadi di Berlino del 1936. Un risultato epico che fa impazzire di rabbia Hitler. Dall'atletica alla pallacanestro, con la prima squadra di basket formata interamente da giocatori di colore, I Rens, che si affacciano sulla scena sportiva nel 1922, prima ancora dei rivali e più famosi Harlem Globetrotters. Gallo non racconta solo le gesta sportive degli eroi di colore, ma ne fissa con precisione il contesto storico, dando conto, ad esempio, della nascita dell'età del jazz, racchiusa nel decennio che da dal 1919 al 1929. Si ascolta la musica di Bessie Smith e si ricorda l'apertura ad Harlem del leggendario Cotton Club di cui fu artefice il pugile Jack Johnson. Più avanti arriverà il sogno americano che si materializza attraverso i consumi. Alle Olimpiadi di Roma (siamo nel 1960) si afferma il talento di Wilma Rudolph, la velocista statunitense di colore, vincitrice di 3 medaglie d'oro olimpiche, nonostante da bambina fosse stata affetta da poliomielite. Le attribuirono un flirt con il nostro Livio Berruti. Alle Olimpiadi di Roma si affacciano anche il talento ed il protagonismo del pugile Cassius Clay, colui che sarebbe poi diventato il più grande di tutti, Muhammad Ali. Anche su Alì il documentario di Francesco Gallo apre una lunga parentesi che ne racconta i trionfi, i suoi match indimenticabili con Frazier e George Foreman, tra il Madison Square Garden di New York e Kinshasa per poi mostrarlo nelle vesti di tedoforo, ormai l'ombra di se stesso, ad Atlanta, in occasione della cerimonia di apertura delle olimpiadi. L'elenco degli afroamericani mostrati nel documentario e che attraverso lo sport hanno firmato il riscatto di una razza intera, arriva ai giorni nostri, al compianto cestista Kobe Bryant, ma potrebbe continuare all'infinito. Al termine del lavoro di Gallo, una didascalia avverte: “Il cambiamento sta per arrivare, la strada è ancora lunga, ma un giorno arriverà”. Sarà realmente così?

Autore: Giuseppe Di Donna