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Il messaggio di pace e di speranza del pianista siriano Aeham Ahmad conquista Piazza Duomo e "Confluenze-Festival delle Invasioni"

il concerto del pianista aheam amhad in piazza duo
30 giu 2017

Il suo songbook tocca le corde dell'anima, appena sale sul palco allestito in Piazza Duomo. E' al pianista siriano Aeham Ahmad che l'Amministrazione comunale ha affidato il compito di inaugurare il ricco cartellone di “Confluenze-Festival delle Invasioni 2017” che andrà avanti per tutta l'estate. Anche il Sindaco Mario Occhiuto, appena terminato il Consiglio comunale, non ha voluto far mancare la sua presenza. Con lui, ad ascoltare il messaggio di pace e di speranza racchiuso nelle canzoni di Ahmad e nel suo concerto “Music for hope”, anche il Vicesindaco Jole Santelli e quasi tutta la giunta. Diversi i consiglieri comunali che, insieme al Presidente del Consiglio comunale Pierluigi Caputo, hanno raggiunto Piazza Duomo da Palazzo dei Bruzi.
Ahmad saluta il pubblico scusandosi di non parlare l'italiano, ma spera – dice – di poterlo presto imparare. Poi, in perfetto inglese, tradotto dall'ottima interprete Elvira Calabrese, racconta la sua storia dopo aver aperto il concerto con “Dimentica il mio nome”, una canzone che evoca i suoi ricordi e i suoi sogni, quando il tempo si arrestò in un attimo, rimanendo “congelato come se si fosse bloccato in un pezzo di pane”.
Aeham non può fare a meno di raccontare di Yarmuk, il campo profughi ad un chilometro di distanza di Damasco dove, seguendo l'esempio del nonno che vi si trasferì per primo, portò con un carretto il suo pianoforte, esibendosi in strada per la gente stremata dall'assedio delle truppe di Assad. Per tutti ora è diventato il pianista di Yarmuk, da quando le immagini che lo ritraggono mentre suona nel campo profughi hanno fatto il giro del mondo.
“A Yarmuk si muore non solo per le bombe, ma anche di fame - dice”. Ed è profondo, racchiuso nei suoi canti, il senso del dolore per la situazione siriana con le persone impegnate in una lotta senza quartiere per conquistare la pace.
Alla causa siriana Aeham Ahmad tiene in modo particolare, soprattutto quando scandisce le cifre delle persone – 30 mila – morte per la democrazia. “Devo capire perché il mio Paese viene distrutto pezzetto dopo pezzetto”. Ricorda il fratello messo in prigione da 4 anni e mezzo e dice che tutto quello che sta accadendo in Siria, nonostante sia riuscito a fuggire via in Germania, è parte della sua vita.
La parte musicale del suo concerto passa quasi in secondo piano e poco importa se in repertorio inserisce un omaggio ai grandi della Musica come Beethoven (“Per Elisa”) o Mozart (“Marcia Turca”) o se ogni tanto fa qualche concessione allo swing. Quel che più conta è quello che Ahmad ha da dire. Le sue canzoni sofferte parlano di un ragazzo ucciso mentre trasportava dei libri o di un uomo di 75 anni, amico del padre, costretto a procurarsi l'acqua da portare a casa, perché in Siria non si ha neanche acqua da bere e non ci si può prendere cura neanche della propria persona, né lavare gli indumenti. “Molti – spiega - non lasciano il loro paese perché non hanno le risorse economiche, né la forza di camminare per 600 chilometri. La guerra ci sta privando di tutti i diritti umani. La situazione in Medio Oriente è sfuggita al controllo”. Un misto di odio e di tristezza alberga nel suo cuore. “Vorrei fare tanto per il mio popolo e faccio quello che posso anche a distanza, auspicando la pace”. Un'altra canzone parla di mancanza, quella per il proprio paese, per la propria gente, per le strade dove si è camminato e che si è stati costretti ad abbandonare per cercare nuovi orizzonti.
Non ha cancellato il brutto ricordo di quando, mentre suonava in strada con dei bambini, un rappresentante dell'Isis gli intimò di fermare la musica dando fuoco, subito dopo, al suo pianoforte. “Questa gente non rappresenta l'Islam. Io stesso sono di religione islamica. Ho finito il Ramadan cinque giorni fa, ma mi sembra di essere tornato indietro di oltre 700 anni ed è terribile constatare che ancora oggi, dopo 700 anni, c'è qualcuno che uccide in nome dell'Islam”.
E subito dopo invita il pubblico a cantare tutti insieme una canzone gioiosa che ha qualcosa di liberatorio e Piazza Duomo diventa una magnifica “bolgia” e i battimani si sprecano. E sarà questa sorta di inno alla pace e alla speranza a suggellare il concerto, diventandone l'unico bis, quando le luci soffuse rendono ancora più bella e suggestiva la facciata della Cattedrale, mentre Cosenza aspetta di immergersi nel cuore della notte.



 

Autore: Giuseppe Di Donna