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Gli incontri della Commissione cultura : Maria Pisciotta e Matilde Tortora

maria pisciotta e matilde tortora
13 nov 2012

Quasi 90 anni e non sentirli. Una personalità poliedrica, campionessa di sincerità e di simpatia. Una napoletana trapiantata a Cosenza, come sua figlia.
Una madre e una figlia che definire affiatate è comunque una diminutio. Il loro legame è indescrivibile, basta capire come si guardano negli occhi. Non solo amore materno e filiale, ma anche condivisione dell’arte , delle lettere, del cinema. Una passione che ha radici antiche, quest’ultima, per certi versi quasi necessaria, se si pensa al fatto che la madre, che, negli anni ’50, si divideva tra due lavori (funzionaria dell’Ufficio Imposte e insegnante alle scuole serali), portava al cinema i suoi cinque figli, affidandoli alla maschera, tornando a riprenderli alla fine del film. La madre è Maria Pisciotta, campana di Gragnano, a pochi passi da Napoli. La figlia è Matilde Tortora, conosciutissima in città, ma forse ancora più famosa all’estero dove con grande competenza partecipa a festival e convegni, tenendo testa a studiosi e prime firme della critica cinematografica internazionale, lei che è scrittrice, saggista e storica del cinema e che vive tra Cosenza e Parigi, dove è membro della prestigiosissima “Cinématèque Francaise”. Autrice di pregevolissimi saggi sul cinema, ha di recente curato il libro “Le donne nel cinema d’animazione” che ha vinto un importante riconoscimento (il premio Gilda-Libro al Festival Internazionale “Cinema e Donna” di Firenze, presentato persino all’Unesco a Palazzo Zorzi a Venezia per il suo alto contributo all’eguaglianza di genere).
Due personalità complementari che la Commissione cultura di Palazzo dei Bruzi non poteva lasciarsi sfuggire. Di qui l’invito a “Nemo Propheta in Patria”, la rassegna dedicata alle eccellenze artistiche e culturali cosentine che finora non avevano avuto il giusto riconoscimento nella città dove risiedono.
Maria Pisciotta e Matilde Tortora sono state accolte dal Presidente della commissione cultura Claudio Nigro e introdotte dal Vice Presidente Maria Lucente, presenti, tra gli altri Mimmo Frammartino, Pierluigi Caputo, Giovanni Cipparrone, Roberto Sacco, Francesco Spadafora, Massimo Bozzo e Luca Gervasi.
Maria Lucente, descrivendo la personalità di Maria Pisciotta ha parlato di “una creatività sensazionale, anche nel gioco, quello che ogni nonna dispensa ai propri nipoti. Una vivacità che la fa sembrare simile a una farfalla. Il suo presepe, al quale tiene moltissimo, ha avuto gli apprezzamenti di Papa Ratzinger che ha ricevuto Maria Pisciotta in udienza generale e le ha poi fatto pervenire addirittura una lettera di ringraziamento.”
Sì il presepe. Prima di arrivare al punto Maria Pisciotta, quasi come in un flashback, riavvolge il nastro della sua vita perché ritiene indispensabile una premessa.
E così prende a raccontarsi, prima con una velata timidezza, poi con la contagiosa simpatia dei napoletani. Racconta di avere avuto due genitori “squisiti”.
“Mi diplomai alle magistrali e avrei voluto proseguire i miei studi all’Università. Così mi iscrissi all’Orientale a Napoli per studiare francese e spagnolo, ma a quei tempi gli spostamenti erano difficili, si viaggiava nei carri di bestiame e mio padre non mi fece più andare a Napoli. In compenso mi avviai allo studio del pianoforte. Il giorno del referendum istituzionale per determinare la forma di stato dopo la seconda guerra mondiale ( siamo nel giugno del 1946) entrò in casa mia un amico di mio fratello, mentre io suonavo al pianoforte la “Paloma”, il celebre brano di Sebastián de Iradier con il quale mi piaceva molto esercitarmi. Avevo 21 anni. Fu il classico “coup de foudre” e si innamorò perdutamente di me e la sua sfrontatezza fu tale da dichiarare il suo amore a mio padre senza dirmi niente, tanto che mio padre pensò ad un disegno ordito da me, ma io non ero veramente al corrente. Fu una sua inziativa.
Ci sposammo, avemmo sette figli (una di loro è Matilde), ma la nostra felicità venne stroncata la sera del 18 dicembre del 1955, mentre stavamo preparando il presepe per l’arrivo del Natale, quando mio marito morì tra le mie braccia, improvvisamente. Io avevo 29 anni e lui 31. Da allora l’abitudine di fare il presepe, che iniziai dall’età di dieci anni, quando mio nonno, commerciante di legna, forniva i ceppi per realizzarlo, continuò senza sosta. E ancora oggi è un rituale irrinunciabile. Il mio presepe si visita, non si guarda.”
Una passione così radicata quella per il presepe che ha spinto qualche anno fa Maria Pisciotta e Matilde Tortora a raccogliere le fotografie scattate alla sua “creatura” in un libro dal titolo “Istantanee dal mio presepe”, nel quale le foto si alternano a testi e versi sull’argomento, di, tra gli altri, Thomas Hardy, Pier Paolo Pasolini, Umberto Saba, Goethe, Salvatore Quasimodo e Giorgio Manganelli.
Il Presepe di Maria Pisciotta è quasi un presepe di quartiere perché è tutto il quartiere che durante il Natale vi si accosta. “Una dimora per i nostri sguardi rammemoranti”- dice nella presentazione del libro Matilde Tortora.
E Maria Pisciotta ha condotto per mano anche i componenti della commissione cultura all’interno del suo presepe, mostrandoglielo in un video proiettato a Palazzo dei Bruzi. Anche loro hanno potuto godere le più profonde e nascoste “vedute” del Presepe, costruite con l’ausilio di specchi, che spesso richiedono vere e proprie acrobazie al visitatore che vuole fruirne appieno.
In commissione cultura è intervenuta anche Matilde Tortora che ha sottolineato la cifra particolare dell’incontro, quella del riconoscimento. “Come io ho riconosciuto in mia madre una persona dotata di talento, così oggi la commissione cultura le tributa un omaggio riconoscendo a sua volta questa valenza. Non c’è cosa di più appagante che attraversare insieme la vita. Molti danni sono accaduti e accadono perché non si ha la cultura del riconoscere l’altro. Tutte le difficoltà al mondo sono riassumibili nel dilemma “essere accolti o non essere accolti”, come teorizzava sapientemente Heidegger. La cifra attribuita a questo vostro progetto è quella del riconoscimento degli altri, che è una cifra novecentesca. Tutto questo ha una possanza unica e lo trovo estremamente originale.”
Ricordando il suo primo approccio con il cinema, quando la madre insieme agli altri figli la affidava alla maschera presente in sala, Matilde Tortora ama dire che “il cinema è una faccenda di affidabilità” che è anche il titolo di uno dei suoi tanti libri.
E l’amore per il cinema ritorna anche in un altro testo, “Dallo schermo alla parola”, semiologia dei film raccontati negli anni quaranta, un libro costruito sul recupero di fotogrammi perduti che erano quelli che la madre collezionava e che custodì nei suoi cassetti, veri e propri forzieri della memoria.
“A quel tempo – ricorda ancora Matilde Tortora - mia madre aveva 18 anni e sugli schermi impazzava l’immagine della diva Deanna Durbin e io ho ritenuto giusto ritrarle entrambe in copertina”.
Lo scorso anno ha ideato e realizzato il film “Il Sole con l’alchèrmes” sui 150 anni dell’Unità d’Italia, proiettato in prima nazionale, con sottotitoli in inglese, al Cinema Odeon di Firenze. Un film che ha suscitato ora l’interesse della commissione cultura di Palazzo dei Bruzi che informerà il Sindaco Occhiuto perché possa essere proiettato anche a Cosenza il prossimo 17 marzo, Festa dell’Unità nazionale.









 

Autore: Giuseppe Di Donna