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Grande successo al "Rendano" per "Le 8 Stagioni". Ovazioni per il violinista Stefan Milenkovic

il concerto di milenkovic al rendano
08 mag 2017

Che cos'è il talento se non un concentrato di estro, sensibilità, fantasia, invenzione non programmata, che, quando si mescola ad una padronanza tecnica assolutamente fuori dal comune e a capacità interpretative frutto di applicazione continua e studi rigorosi non può che far scattare quella combinazione alchemica in grado di lasciare chiunque a bocca aperta?
Qualità tutte che convivono nel violinista serbo Stefan Milenkovic, special guest del concerto “Le 8 Stagioni” che ha proposto al Rendano di Cosenza, per il penultimo appuntamento della stagione-lirico sinfonica 2017, la magnifica alternanza tra “Le Quattro stagioni” di Vivaldi e “Las Cuatro Estaciones Porteñas” di Astor Piazzolla (Le Quattro Stagioni da Buenos Aires), riarrangiate per Gidon Kramer da Leonid Desyatnikov. Felicissima l'intuizione del direttore artistico Lorenzo Parisi, rapito, anche per ragioni professionali, dalla magia del violino. Ancor più felice nella misura in cui si è assicurato la presenza, nel cartellone del teatro di tradizione cosentino di uno dei più virtuosi violinisti attualmente in circolazione, quale Milenkovic può, a giusta ragione, essere considerato. Lo straordinario musicista serbo tornava dalle nostre parti 28 anni dopo il suo debutto in Calabria risalente al 27 maggio del 1989. L'allora dodicenne Stefan venne invitato dall'Accademia “Salfi” di Rende a tenere un concerto al cinema Garden e già allora ci si accorse di lui e del suo innato talento. Aveva sorpreso l'assoluta disinvoltura con la quale padroneggiava pagine musicali abitualmente affidate all'esecuzione di gente molto più esperta e navigata.
La meraviglia si è ripetuta anche al “Rendano” in un memorabile concerto che si è rivelato, anche per gli archi dell'Orchestra del teatro cosentino che accompagnavano Milenkovic, qui nelle vesti pure di maestro concertatore, una irripetibile occasione di arricchimento e di crescita professionale. Si sa che quando ci si misura con dei fuoriclasse, la regola vuole che, pur avvertendo sulle proprie spalle il peso della responsabilità, si esca dall'esperienza molto più forgiati e pronti ad affrontare anche repertori più insidiosi. Ed è quello che probabilmente accadrà ai musicisti dell'Orchestra rendanese. Quel che di Milenkovic ha stupito è stato, oltre alle innegabili doti tecniche ed interpretative, frutto di anni e anni di studio e di esperienze in giro per il mondo (sotto la guida dei genitori, la madre, la pianista Lidia Caenazzo, ed il padre, Zoran Milenkovic, grande pedagogo e teorico del violino di fama internazionale) il suo grande carisma che ne fa anche un amabile affabulatore, dalla battuta fulminante, e che, quando si sposa alle esecuzioni virtuosistiche, diventa irresistibilmente la marcia in più capace di mandare in visibilio il pubblico.
L'altalenante repertorio ha spaziato dalla Primavera delle Quattro stagioni vivaldiane alla omologa stagione Porteña di Astor Piazzolla. In mezzo, un'alternanza tra le due composizioni che, a tratti, fa pendere la bilancia dalla parte del musicista argentino, ma è solo la presenza in sala di uno zoccolo duro di estimatori del bandoneonista che, nell'86, calcò il palcoscenico del “Rendano” in un recital in cui accompagnava Milva. Il concerto si fa egualmente carico di suggestioni anche quando sono le pagine della musica barocca di Vivaldi ad impadronirsi del pubblico. Un pubblico, tra i quali molti giovani, sorprendentemente catturati dalla sinfonica, che si spella le mani ed acclama al proscenio il grande protagonista della serata. Milenkovich non si fa pregare e d'infilata continua a tenere avvinti gli spettatori alle poltrone prima con il Capriccio n.24 di Paganini, poi proponendo una scelta tra un brano di Fritz Kreisler, altro grande violinista austriaco, e uno di Bach. E' inutile dire che la preferenza del pubblico è per quest'ultimo. Ed ecco le note della “Allemanda” di Bach, dalla Partita n. 2 in re minore. Quando il pubblico non è ancora sazio, il violinista serbo chiama nuovamente in causa gli archi dell'Orchestra del Rendano, nei primi due bis rimasti ad osservare il solista, e gli fa rieseguire l'Estate di Vivaldi. In un tripudio di applausi e di ulteriori chiamate al proscenio Milenkovic alimenta ancora il dialogo con la platea dando appuntamento all'ingresso dove, di lì a poco e volentieri si soffermerà a chiacchierare, a firmare autografi e a scattare gli ormai immancabili selfie. Atteggiamenti da antidivo, insomma. Anche in questo risiede la sua forza, oltre che nel suo violino moderno del 2006, modello Stradivari, costruito da un liutaio di Chicago e da cui per il momento Stefan non intende separarsi, soprattutto da quando un critico americano ne rimase folgorato.




 

Autore: Giuseppe Di Donna