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Il cielo sopra Cosenza apre il ciclo di eventi al Planetario. Grande successo della lectio magistralis di Franco Piperno

il prof.Piperno al Planetario per la sua lectio ma
13 apr 2019

Il cielo sopra Cosenza si riempie di stelle. Sono quelle che popolano il Planetario “Giovan Battista Amico” che a meno di una settimana dalla sua inaugurazione ha dato inizio, ieri sera, alle sue prime attività. Chi è riuscito a prenotarsi per tempo (i posti in cupola, come è noto, sono soltanto 113) ha avuto modo di assistere alla prima lectio magistralis tenuta dal prof.Franco Piperno e da Angela Zavaglia. Non poteva che essere Franco Piperno ad aprire il ciclo di lezioni. Da una sua idea tutto ebbe inizio e del Planetario può essere a giusta ragione considerato l’ispiratore. L’uditorio è attentissimo e ordinato e in pieno vengono rispettate le avvertenze raccomandate prima di cominciare: telefonini spenti e che nessuna luce esterna possa filtrare. Accorgimenti importanti per assicurare una piena fruizione. La cupola del Planetario sembra un’aula universitaria durante una lezione che nessuno vuole perdersi. E così è. E in cattedra sale lui, Piperno che, con l’affabulazione di sempre, calamita l’attenzione fino a conferire al tutto un’aura di sacralità.
Unica concessione, un sottofondo indovinatissimo: l’Adagio di Albinoni che non stempera le emozioni in agguato, anzi, le accresce.
Piperno quasi chiede scusa ai cosentini per l’attesa durata vent’anni. E ricorda l’excursus del Planetario “concepito – ricorda – nel 2001”. Ricorda ancora che “due amministrazioni comunali, quella di Giacomo Mancini e di Eva Catizone, avviarono il processo di realizzazione, interrottosi successivamente per cinque anni e poi ripreso dal Sindaco Mario Occhiuto che lo ha portato a compimento”. Prima dell’astronomia c’è una pagina di storia da approfondire ed è quella che riguarda Giovan Battista Amici, l’astronomo cosentino cui il planetario è intitolato e che Piperno preferisce chiamare così. Nato nel 1511 da una famiglia del notabilato cosentino, patrizi che sedevano nel seggio di Cosenza che amministrava la città (Cosenza a quel tempo era una città libera, regia, non infeudata), dopo gli studi adolescenziali durante i quali apprende le arti del trivio (grammatica, retorica e dialettica) e le lingue sacre (l’aramaico, il greco e il latino) Giovan Battista Amici va a Padova, vero e proprio sbocco europeo della tradizione astronomica e filosofica, culla dell’aristotelismo e averroismo. Piperno ricorda che l’astronomo cosentino, nel 1536 scrisse il suo unico libro, un manuale di astronomia dal titolo “Opusculum- attorno ai moti dei corpi celesti secondo la filosofia aristotelica e senza l’uso di eccentrici ed epicicli”. “Sono anni – rimarca il prof.Piperno -in cui in Europa si sviluppa un grande dibattito di correzione della conoscenza del cielo. E sono gli anni in cui prendono il largo i grandi viaggi in mare aperto, come la circumnavigazione del globo di Magellano che può esserne considerato il vero antesignano. L’opera di Amici – ha proseguito Piperno, per lungo tempo docente al Dipartimento di Fisica dell’Università della Calabria - si situa nel passaggio epocale della riforma del calendario e nella scoperta del Nuovo Mondo, proponendo un sistema in grado di rappresentare i movimenti celesti così come realmente si svolgono nel cosmo reale, anziché con i cicli e gli epicicli del sistema tolemaico”. Amici recupera, grazie ai suoi studi di storia dell’astronomia a Padova, la tradizione del pensiero materialistico fondata da Eudosso e arrivata fino ad Aristotele che l’aveva ampliata. Anticipando i tempi, si pose il problema della verità fisica del cielo e di come era veramente fatto. Torna a Cosenza appena in tempo per incontrare i rappresentanti dell’Accademia cosentina diventandone membro. Quindi fa ritorno a Padova nel 1538, ristampa il suo Opusculum e l’anno dopo, il 18 settembre del 1539, viene ucciso in circostanze non completamente chiarite. Alcune tracce storiche rinvenute nelle inscrizioni della città veneta lasciano intendere che Amici sia stato ucciso “nel miglior corso della sua vita per invidia”. Una circostanza questa che ha suscitato molta curiosità nei suoi biografi. Per saperne di più su Amici, Piperno consiglia la lettura di una biografia di una trentina d’anni fa, autore Mario Di Bono o quella, più romanzata, dello storico cosentino Coriolano Martirano da poco scomparso. Quanto alla tragica fine di Amici un’altra versione indica il movente dell’uccisione in una relazione amorosa con la figlia di un professore universitario. Due anni dopo la morte, siamo nel 1541, il suo Opusculum venne pubblicato a Parigi. Quando, subito dopo, l’indagine filosofica sul sistema del mondo alimenterà il dibattito tra tolemaici e copernicani, il nome di Amici scomparirà dalla letteratura astronomica, salvo rivivere nel 1905, quando nella sua Storia dell’Astronomia, Dreyer lo citerà nuovamente, non tanto per l’Opusculum, quanto per l’originalità del modello propugnato, per il tentativo di dare all’astronomia una verità fisica e non solo di calcolo. Quando si abbassano le luci e la cupola si riempie di stelle, Piperno declama i versi dell’Infinito di Leopardi e per tutti i presenti diventa dolce il naufragar in questo mare…
Uno spettacolo da lasciare col fiato sospeso e che rivive di lì a poco con l’osservazione delle costellazioni ad occhio nudo al Castello Svevo che i partecipanti raggiungono in navetta, grazie alla collaborazione dell’Amaco. E Piperno risale in cattedra ed un nuovo infinito ricomincia.


 

Autore: Giuseppe Di Donna