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Intervento del sindaco Mario Occhiuto su "Lo Stato dei beni comuni" oggi alla Camera dei Deputati

Occhiuto Camera foto rimpicciolita
22 feb 2019

Signor Presidente, colleghi Sindaci e presenti tutti,
la circostanza odierna rappresenta un importante momento di incontro dello Stato con i territori che dello Stato sono l’osservatorio, il termometro, la linfa.

Dibattere in questa sede di “Beni comuni” ci consente di aprire una finestra su scorci delle nostre realtà urbane, che ci restituiscono la fotografia della vita dei cittadini legata alle rinnovate esigenze e al cambiamento dei contesti territoriali.

Individuando tutti i beni materiali e immateriali che i cittadini e le Amministrazioni riconoscono essere funzionali al benessere della comunità e dei suoi membri, nonché all’esercizio dei diritti fondamentali della persona, parliamo qui di quei beni che vanno condivisi e a volte anche autogestiti.

Ma, essenzialmente, voglio subito evidenziare che la città è, di per sé, “IL bene comune” per antonomasia e per eccellenza, in quanto è il luogo fisico che contiene in massima parte l’elemento più importante del nostro pianeta che è quello umano.

Nella città più che in ogni altro luogo è preponderante “l’elemento umano”, ecco perché la città deve essere il luogo della sostenibilità e della bellezza.

La città è costruita dalle persone e contiene la vita delle persone. Negli ultimi decenni abbiamo smarrito il senso di questa idea.

Partiamo da un ulteriore presupposto: la città è la più grande e antica invenzione degli uomini. Non per esigenze di protezione o di altra natura gli uomini hanno creato le città ma perché da sempre vogliono “stare insieme”. L’elemento fondante della città è dunque la necessità di stare insieme agli altri, di vivere in comunità. Le città sono nate come luoghi fatti per aggregare ed essere il più possibile accessibili, protette a volte ma accessibili, nel senso del rispetto nei confronti degli altri, delle forme di altruismo e di convivenza.

Troppe volte e troppo spesso ci dimentichiamo di questi principi, e trasformiamo le città nel luogo dell’egoismo. Le città, cioè, che anziché essere l’espressione delle migliori aspettative degli uomini e dell’esigenza originaria, appunto, dello “stare insieme”, diventano luoghi per comunità dove prevalgono gli egoismi dei singoli, dove lo spazio pubblico è considerato un’estensione dello spazio privato; luoghi ormai prevaricati dall’autoritarismo delle macchine senza alcun rispetto nei confronti dei pedoni, attraversati da autostrade del traffico, con grave inquinamento atmosferico e, ancora, con inquinamento da rifiuti indifferenziati.

Una città degli egoismi – ripeto - e dell’arroganza, dell’insicurezza e della paura, una città dei singoli interessi che prevalgono, che è esattamente il contrario della città dei beni comuni.

Con l’urbanistica degli anni ‘70 abbiamo creato zone monofunzionali, con quartieri che sono diventati periferici e marginali, insicuri, degradati e senza servizi né attrezzature. È nato un altro tipo di città, la città che si espande, settorializzata, che consuma il territorio, che abbandona i luoghi che un tempo erano destinati a funzioni vitali.

Ecco perché è più che mai necessario per noi oggi in Italia tornare al concetto della “città-bene comune”, luogo dei beni comuni, dove di certo non si consuma il territorio e non si creano zone marginali ma, anzi, si rigenerano gli spazi e si recuperano i beni abbandonati creando un mix di funzioni. È un processo di trasformazione necessario, direi obbligato, che va nell’accezione del bene comune che diventa prioritario anche per la crescita e lo sviluppo economico-sociale e culturale.

Noi, come Anci, abbiamo in itinere tutto un lavoro di valorizzazione dei beni comuni che stiamo portando avanti attraverso la Fondazione Patrimonio Comune di cui sono presidente, utilizzando strumenti di partenariato pubblico-privato.

In tutto ciò, ovviamente, si avverte l’assenza e quindi l’esigenza di una strategia nazionale complessiva di rigenerazione delle città, costituite oggi da tanti luoghi ormai abbandonati, da non-luoghi, che sono comuni ma che devono essere rigenerati per ritrovare il senso perduto della bellezza. La bellezza è unitiva e attrattiva, rende le città più ricche di opportunità, piene di giovani e di turismo.

A Cosenza, la mia Amministrazione è seriamente impegnata a ricercare la bellezza in ogni angolo, anche in quello più sperduto e abbandonato; lavoriamo per realizzare progetti che possano far ritrovare quella dimensione umana che era andata perduta e che negli anni addietro, specialmente i giovani, andavano a ricercare nei borghi limitrofi dove si conservava ad esempio l’idea della piazza come forma pura di aggregazione.

A Cosenza, oggi, abbiamo pedonalizzato moltissime zone della città, abbiamo creato reti ecologiche, abbiamo puntato a stimolare i cittadini a camminare, a praticare attività fisica all’aperto per prevenire le malattie, a spostarsi con mezzi di trasporto sostenibili per mitigare l’inquinamento, abbiamo implementato le buone pratiche basate sul ciclo virtuoso dei rifiuti come sul rispetto degli utenti-pedoni. La strada non è più intesa come luogo di attraversamento veicolare ma come spazio pubblico condiviso con i pedoni che sono i veri utenti della città, valorizzando un criterio di mobilità dolce.
Riteniamo la salute pubblica il primo vero grande bene comune e, in linea con le prescrizioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, perseguiamo l’obiettivo dell’invecchiamento attivo della popolazione utilizzando i parametri adottati nell’esperienza internazionale: aspettativa di vita, benessere psicologico, uso delle tecnologie, grado di connettività sociale e culturale.

Lavoriamo con cura anche sugli eventi e sulle feste cittadine trattando la città come un grande teatro all’aperto, per rafforzare la coesione sociale.

Abbiamo inaugurato una stagione di grandi opere pubbliche innovative e di qualità architettonica, utili a rafforzare l’orgoglio di appartenenza dei cittadini nonché l’identità e la riconoscibilità del territorio.

Ciò che abbiamo fatto a Cosenza, in pratica, è la valorizzazione di quelle funzioni che non sono funzioni solo utilitaristiche bensì funzioni spesso trascurate ma comunque sempre aspirazioni intrinseche del nostro essere uomini.

L’aspirazione alla sostenibilità e alla bellezza, che sono nello stesso tempo altruismo e desiderio di bontà e di armonia.

Il modo stesso di intendere la condivisione con i cittadini è volutamente diverso, mirato ad un percorso culturale di partecipazione che tende a debellare quelle cattive abitudini che nelle città si sono in qualche modo consolidate, opponendosi al cambiamento. Per cui, da parte di un’Amministrazione, è importante educare alle buone pratiche facendo comprendere le ragioni di ciò che si promuove, ma è importante allo stesso modo non essere arrendevoli verso i cittadini abituati alle cattive prassi, per paura di calo di popolarità o per ricerca spasmodica del consenso.

La città in definitiva va riqualificata nella sua interezza, con i suoi spazi comuni che diventano luoghi vitali della bellezza ritrovata, parchi, piazze, reti ecologiche, sistemi di mobilità sostenibile. All’interno della città ci sono i luoghi abbandonati che possono essere riutilizzati dalla comunità con regole condivise.

Il Comune di Cosenza, di cui sono Sindaco dal 2011, ha approvato con deliberazione del Consiglio comunale il “Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e Amministrazione per la cura, la rigenerazione e la gestione condivisa dei beni comuni urbani”.

Una comunità locale deve stare insieme nel modo migliore possibile, secondo i canoni del rispetto reciproco e del vivere bene, nella qualità ambientale, non inquinando e partecipando attivamente a quella più vasta comunità globale che è espressione di appartenenza all’umanità.

Verso la (ri)costruzione della “città-bene comune”, dobbiamo tendere oggi, riqualificando gli spazi liberi aperti, lavorando sui sistemi di mobilità, impegnandoci contro l’inquinamento e contro il consumo del suolo, attuando processi di rigenerazione urbana, di riqualificazione, di recupero delle parti antiche.

Ma occorre anche stringere un patto duraturo con i cittadini, in un cammino collettivo di condivisione che nel contempo è un percorso di formazione della coscienza civica e civile. Affinché i beni comuni non vengano mai visti come una modalità di occupazione che nasconde fini e interessi personali o di gruppi politici.

Noi, a Cosenza, abbiamo per esempio realizzato progetti condivisi affidando consistenti aree comunali per orti urbani solidali a persone avanti con l’età, e avviato progetti di autorecupero e di gestione di spazi comunali destinandoli ad attività sociali e culturali.

Non si tratta solo quindi di adempimenti a carattere procedurale, ma dello specchio effettivo di una crescita educativa.

Chiudo con una proposta, tra ottimismo e qualche dubbio: riusciremo a tenere in piedi questa collaborazione con i cittadini e a far germogliare la mentalità che il “bene comune” è la città stessa?

Noi sindaci dobbiamo sforzarci per far comprendere ai cittadini che le città non sono perfette perché rispecchiano la vita delle persone che le abitano, e le persone non sono perfette. All’interno delle città troveremo sempre qualche situazione di degrado ambientale o di emarginazione sociale.

Ma ci sono città che migliorano e città che peggiorano, e quelle che migliorano non solo rendono i luoghi più vivibili ma soprattutto rendono più felici i cittadini.

Attuare un cambiamento in positivo, vuol dire trovare la forza di parlare di bellezza e sostenibilità e non solo di utilità o di funzioni. In questa direzione, sono convinto, è necessario tenere in piedi il confronto.

Grazie a tutti

Autore: Iole Perito