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Il Castello Svevo "stregato" dalle canzoni di Chiara Civello nel concerto per Lilli Funaro

chiara civello
24 giu 2016

Se c'è un modo per ribadire l'eterna giovinezza e l'immortalità di alcune canzoni che hanno fatto la storia della musica italiana, Chiara Civello lo ha dimostrato ancora una volta. E lo ha fatto nel concerto che l'ha vista protagonista ieri sera al Castello Svevo di Cosenza che, proprio con la sua esibizione, ha dato inizio alla stagione estiva che andrà avanti fino a settembre con una ragguardevole programmazione messa in piedi dal Comune di Cosenza (nei giorni scorsi il Sindaco Mario Occhiuto ha partecipato in prima persona al lancio delle attività) e con il contributo determinante della “Svevo s.r.l.” che ha in Giampaolo Calabrese, l'anima e il motore artistico del cartellone che animerà da qui in avanti le serate del maniero federiciano.
Ieri sera c'era un motivo in più per recarsi al Castello Svevo: la dodicesima edizione del “Concerto per Lilli”, promosso dalla Fondazione “Lilli Funaro”, che porta il nome di una ragazza cosentina strappata alla vita troppo presto, nel febbraio del 2004, per una grave malattia. Per mantenerne vivo il ricordo, la famiglia, con in testa il fratello Michele, le sorelle e i genitori, accanto alla meritoria attività della Fondazione che ha il duplice obiettivo di focalizzare l’attenzione sulla ricerca e sulle novità terapeutiche in oncologia, unitamente allo sforzo di fornire un costante aggiornamento alle diverse figure professionali impegnate in progetti di ricerca, con particolare riferimento ai giovani, ha da dodici anni a questa parte organizzato un evento musicale in memoria di Lilli.
Non poteva esser fatta scelta migliore affidando il concerto di quest'anno a Chiara Civello che alle canzoni evergreen del repertorio italiano ha dato, nell'esibizione del Castello Svevo, il crisma dell'immortalità, ammantandole di un'aura di freschezza che senza tradire la sua appartenenza al cantautorato, conferma una vocazione al jazz che poche altre artiste possono sbandierare, con il valore aggiunto di un lungo perfezionamento che passa per gli Stati Uniti e mette radici in quel Brasile che l'ha col tempo quasi adottata. In più, di suo, Chiara Civello ha anche quella versatilità che la fa passare disinvoltamente dalla chitarra al pianoforte con singolare leggiadria.
Il concerto di Cosenza, che arrivava dopo cinque anni dalla sua ultima esibizione in Calabria al Festival Jazz di Roccella Jonica del 2011, quando, il 20 agosto di quell'anno, al Teatro al Castello, si esibì insieme al violoncellista brasiliano Jacques Morelembaum, è stato aperto da una versione molto particolare di “Via con me” di Paolo Conte, uno dei brani contenuti nel suo album più recente, dal titolo “Canzoni”, nel quale l'artista romana, ma con padre siculo e mamma pugliese, si diverte alla sua maniera a “saccheggiare” il canzoniere italiano più disparato, potendo, però, contare su una serie di collaborazioni di prim'ordine : Gilberto Gil, Chico Buarque de Hollanda , la contrabbassista Esperanza Spalding ed Ana Carolina. Rapporti che Chiara ha coltivato durante la sua permanenza in Brasile avvenuta dopo essere stata in qualche modo “scoperta” da Burt Bacharach negli Stati Uniti dove ebbe una buona apertura di credito dalla casa discografica “Verve Records” che le produsse, nel 2005, il suo primo cd “Last Quarter Moon” che in poco tempo divenne quasi un caso di eccellenza.
Il concerto di ieri sera, in un gremitissimo Castello Svevo, ha poggiato essenzialmente sull'impalcatura dell'album “Canzoni”, ma ha pescato anche nelle composizioni originali della cantautrice, inserite qui e là nei suoi album successivi.
Come compagno di viaggio Chiara Civello ha trovato sulla sua strada il flautista cosentino Mirko Onofrio, musicista di vaglia, ma anche compositore e collaboratore stabile di Dario Brunori, presente in platea con il resto della sua Sas. “C'è un nuovo amico” - ha detto la Civello nel presentare Mirko Onofrio con il quale ha confessato di esibirsi per la prima volta e con cui dice di aver preso accordi solo su wathsapp, miracoli della tecnologia che sa essere fredda, ma a volte, come in questi casi, molto utile. Il risultato è dei migliori. L'intesa funziona e si perfeziona nel corso del concerto, il che potrebbe preludere alla prosecuzione di questa estemporanea, ma efficacissima collaborazione. Sorretta dagli interventi in punta di piedi di Onofrio, la voce vellutata della Civello inanella una perla dietro l'altra: una versione in spagnolo di “Che mi importa del mondo” di Rita Pavone che diventa “Que me importa el mundo”, “Veleno”, versione italiana di “Veneno” di Marina Lima, che Alfredo Polacci aveva scritto nel 1947 per Tina De Mola, e “Bem que se quis” di Marisa Monte, adattata da Pino Daniele in “E po' che fa”. La bussola prende il verso del cuore e non si arresta. Dal suo repertorio originale e dall'album “7752” la Civello estrae “Resta” che di quel cd non molto fortunato è forse l'unico pezzo pregiato. Ma sono ancora le cover a fare la parte del leone: “Senza fine” di Gino Paoli che ad un certo punto si fonde con “Que reste-t-il de nos amours” di Charles Trenet la cui versione sembra avere la delicatezza di quella di Rosa Passos. E' poi la volta di “Con una rosa” di Vinicio Capossela con la quale sale ancora in cattedra, con un Mirko Onofrio che dà il meglio di sé. Si arriva a “Fortissimo”, ancora della Pavone ed è uno dei momenti più alti del concerto, in un tempo sospeso in cui la magica notte del Castello offre il destro agli innamorati, di oggi e di ieri.
Il concerto sembra chiudersi qui. Il tempo di “saccheggiare” ancora il canzoniere di Renato Carosone con una singolarissima versione di “Tu vuò fa l'americano” e poi eccola ritirarsi per qualche attimo dietro le quinte. Salvo riapparire subito dopo, acclamatissima dal pubblico, e riattaccare il medley che tutti attendevano, in cui la fusione di due brani evergreen come “Il mondo” di Jimmy Fontana e “Io che amo solo te” di Sergio Endrigo suggellano un concerto da incorniciare. E se nella notte d'estate del Castello Svevo si alza lo sguardo al cielo, c'è una certezza che accompagna tutti: che anche Lilli ha strizzato felice l'occhio alla sua città e a chi le vuole bene, oggi come ieri e per sempre.














 

Autore: Giuseppe Di Donna