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Molto apprezzato il ritorno di Enrico Granafei al "Rendano". Ricordato l'attore e poeta Totonno Chiappetta, ad un anno dalla scomparsa

concerto granafei
21 dic 2015

Sulla rotta New York-Parigi-Cosenza corre la musica di Enrico Granafei, l’armonicista e chitarrista jazz che è tornato a suonare, più di un anno dopo il concerto del maggio 2014, nel teatro della sua città, quel “Rendano” che, ogni volta che si concretizza uno dei suoi tanti andirivieni tra il New Jersey, dove gestisce il “Trumpets Jazz Club” di Monclair, e la città che lo ha visto crescere e frequentare il liceo classico “Bernardino Telesio”, si riempie di amici, compagni d’infanzia, estimatori di vecchia data e dell’ultim’ora, in un rituale tra il musicale e l’affabulatorio che nessuno vuole mancare.
A contaminare il suo jazz, salvaguardato da quel nume tutelare dell’armonica cromata che risponde al nome di Toots Thielemans, musicista belga al quale Granafei fa, nel suo stile, continuo riferimento, ci hanno pensato due giovani cantanti francesi, Alice e Cecile, che Granafei ha incontrato del tutto casualmente quando, partito per partecipare ad un festival in Francia, ne fece la conoscenza, auspice un comune amico. Ne rimase così favorevolmente impressionato, al punto da proporre loro di seguirlo a Cosenza. Di solida impalcatura il trio che ha accompagnato al “Rendano” il jazzista cosentino: il pianista di Frascineto Danilo Blaiotta, giovane eccellenza autoctona che già aveva fatto parte della formazione del concerto dello scorso anno e che, in questa nuova occasione, ha manifestato tangibili segni di maturità, colti dal pubblico grazie ad un pianismo più meditativo e meno impetuoso del solito; il contrabbassista Giuseppe Bassi, abituale collaboratore di Gegè Telesforo e il batterista pugliese Diego Lopez al fianco di Granafei anche nel suo disco “Alone (and) togheter”, per diverso tempo in vetta alle classifiche americane dei dischi jazz.
La serata ha avuto un prologo parlato con Granafei intervistato dalla giornalista Iole Perito, portavoce del Sindaco Mario Occhiuto. Il primo cittadino non si è voluto perdere per nessuna ragione il concerto del musicista cosentino. Granafei ha fatto il suo ingresso in palcoscenico indossando una felpa con l’effigie di Alarico, quasi a conferire un tono meno compassato e meno paludato alle discussioni succedutesi nelle ultime settimane sulla ricerca del tesoro del re dei Goti.
Dopo un simpatico siparietto, nel corso del quale ha, alla sua maniera, fatto sfoggio del suo essere poliglotta, che lo ha condotto a conoscere finanche il finlandese, con tanto di doppi sensi legati al dialetto cosentino, ha ricordato, ad un anno esatto dalla scomparsa, l’amico di sempre e di tante avventure Totonno Chiappetta con il quale ha condiviso un lungo percorso artistico, anche quello nato per caso, quando Chiappetta decise di coltivare il “sogno americano”.
Ovvio che, una volta iniziato il concerto con il brano “L’ultima cialda”, piacevole bossa nova, molto ben arrangiata, si scivolasse verso una ballad diventata oggetto di culto, quella “Calabrossa”, anche qui un misto di sangue carioca e dialetto cosentino, evocativa di un’adolescenza romantica, resa ancora più accattivante dal saltare le lezioni al liceo e dall’abbandonarsi a giornate intere trascorse ad oziare nella Vecchia villa comunale. Ad ispirarla, con tanto di scioglilingua e proverbi dialettali (una sorta di gramelot in riva al Crati) l’indimenticabile Totonno.
Si torna agli standard jazz con “Alice in wonderland”. Quindi, parentesi transalpina con le gemelle Alice e Cecile e l’immarcescibile “Les feuille mortes” di Prévert e “Smile” di Charlie Chaplin.
E’ un altro plurieseguito standard, “I love you”, a chiudere la prima parte del concerto. Nascoste nelle battute conclusive del brano, le note, riconoscibili, di “Rapsodia in blue” di George Gerswhin, nel più classico dei giochi improvvisativi del jazz. Il punto più alto del concerto lo riserva, nella seconda parte, una indovinatissima versione di “In a sentimental mood” di Duke Ellington, tra i cavalli di battaglia di Sonny Rollins, e qui aperta da un lungo intro, molto intimista, di Danilo Blaiotta.
Ma è quando avvicina la sua armonica alle labbra che Enrico Granafei sale in cattedra.
L’interplay funziona, eccome, ed anche Giuseppe Bassi e Diego Lopez danno il meglio. Il pubblico applaude con convinzione e Granafei ha ancora una freccia al suo arco. E’ il momento di “Cusè quantu si bè”, un vero e proprio omaggio alla città di Cosenza, concepito, tanto tempo fa (era il 1991) insieme al suo antico sodale Totonno Chiappetta. Granafei la attualizza, sia nel sound che nel testo, ricordando che Totonno e la sua arte sono ancora tra noi. E dalla platea l’abbraccio di Cosenza e del suo amore per l’attore e poeta scomparso un anno addietro, si mescola all’applauso della moglie Patricia e del figlio Gigino, presenti in platea per riascoltare Enrico Granafei, l’amico di sempre

 

Autore: Giuseppe Di Donna