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La Commissione cultura ospita l'attore Totonno Chiappetta

totonno chiappetta
01 feb 2013


“Non avrei mai voluto fare l’attore, un’intenzione lontana dalle mie ambizioni, ma mi interessava osservare la gente, soprattutto gli occhi della gente. Poi fui tirato a viva forza in uno spettacolo perché uno degli attori della compagnia ebbe un malore e da lì tutto ebbe inizio.”
Chi parla è Totonno Chiappetta, attore (di cinema e teatro), cabarettista, poeta, personaggio televisivo di successo, e tante altre cose ancora, tra le quali l’essere il continuatore ufficiale dell’epopea di Jugale, uscito dalla penna del nonno Antonio e parzialmente scampato al rogo al quale fu mandato dal regime durante la guerra, grazie al padre Luigi che salvò metà del manoscritto originario, scrivendo di suo pugno l’altra metà . A Totonno Chiappetta la Commissione cultura ha voluto dedicare un omaggio-tributo, nell’ambito della rassegna dedicata agli artisti cosentini.
Ad invitarlo, la commissione all’unanimità che ha fatto registrare – dato importante – anche la presenza del Presidente del Consiglio comunale Luca Morrone che ha conferito uno spessore ancora più istituzionale all’iniziativa dell’organismo consiliare.
L’audizione di Chiappetta è partita con la consueta introduzione del Presidente della commissione Claudio Nigro che ha sottolineato il ruolo del popolarissimo attore come ambasciatore della cosentinità in Italia ed anche nel mondo e come antesignano degli spettacoli nella casa circondariale di Cosenza.
Per il consigliere relatore Mimmo Frammartino, “Totonno Chiappetta è il più cosentino dei cosentini. Una cosentinità impressa nel dna e che porta in giro nei teatri, nelle piazze, dappertutto.”
Per Frammartino, però, c’è una soddisfazione in più: quella di aver puntato, tra i primi, sull’estro e la comicità di Totonno Chiappetta per averlo voluto, da assessore allo spettacolo (era l’87) in una delle primissime edizioni dell’Estate in città, tenutasi nell’incantevole scenario naturale della Vecchia villa comunale.
Ma il segreto del successo di Totonno Chiappetta e la sua grande qualità di attore sociale, come ama definirsi, si riannodano ad una questione genetica. E lo ammette lo stesso attore, orgoglioso di appartenere ai due opposti della scala sociale, padre intellettuale e giornalista, che masticava pane e cultura e che vinceva tutti i concorsi, ma lo faceva soprattutto per aiutare gli altri partecipanti, meno bravi di lui, e madre appartenente a una famiglia poverissima. Ma l’amore trionfò sopra ogni cosa perché Luigi Chiappetta, padre di Totonno, vinse l’ennesimo concorso per insegnare nelle scuole, scegliendo come sede il paesino di Carolei. E fu lì, ai margini di un fiume, che incontrò una ragazzina priva di scarpe. Fu coup de foudre e si sposarono. Da quel matrimonio nacque , tra gli altri, Totonno.
Che oggi si porta dietro i geni di quella commistione di sangue che gli fa maneggiare con cura ogni forma di arte, ma che lo ha predisposto al contatto con gli ultimi e con le persone in difficoltà. Non si spiegherebbe altrimenti il successo di Totonno Chiappetta quando porta i suoi spettacoli nelle carceri, dove cominciò nel 1987 e dove ha tenuto anche diversi laboratori teatrali molto partecipati. Il suo prossimo progetto, che sta per vedere la luce, è un disco, dal forte impatto emotivo, nel quale canta proprio insieme ai detenuti.
La spiegazione la dà lo stesso Totonno in commissione, quando trova la chiave giusta di lettura: “in mezzo a mio padre e a mia madre c’è tutto il mondo!”
Il racconto di Chiappetta si alterna agli interventi dei componenti la commissione.
Per Maria Lucente “Totonno è uno dei pochi ospiti della commissione che non dobbiamo presentare perché si conosce tutto il suo vissuto artistico.”
Tra ruoli da protagonista e apparizioni in teatro (come attore quasi feticcio dei lavori di Vincenzo Ziccarelli, da “La casa di pietra” a “Un caso di morte apparente”, a “Cristina ‘a spedesa”) o anche al cinema (si ricordano “Angela come te” di Anna Brasi, il tv movie girato interamente a Cosenza “Uomo contro uomo” di Sergio Sollima, il regista del “Sandokan” televisivo, e ancora “Angeli a Sud” di Massimo Scaglione), Totonno Chiappetta è molto noto anche per le sue apparizioni televisive in trasmissioni cult dell’etere locale, come “Cataratta” o “Lupi in carrozza” o del panorama nazionale, come “Macao”, portata al successo nei primi anni novanta da Alba Parietti con la regia di Gianni Boncompagni.
Ma tra i successi di Chiappetta c’è anche, come ha ricordato in commissione cultura la Vice Presidente Maria Lucente, il film del regista calabrese Giuseppe Gagliardi “La vera leggenda di Tony Vilar” in cui Totonno ha avuto un ruolo determinante, non solo come attore, ma anche come ispiratore di tutta la pellicola, interpretata anche da Peppe Voltarelli.
Nei credits ufficiali del film questi particolari non sono contenuti – colpevole dimenticanza – ma Totonno Chiappetta ha in qualche modo suggerito tutta la storia del film. Che narra quella, vera, di Antonio Ragusa ( cugino di Totonno nella vita ), cantautore calabrese emigrato in Argentina in cerca di fortuna e, con il nome d’arte di Tony Vilar, prima sorprendentemente baciato dal successo grazie alla canzone “Cuando calienta el sol” e poi condannato al declino da un episodio singolare (la rocambolesca caduta del parrucchino con il quale nascondeva la calvizie davanti ad una folla di fans osannanti durante un concerto nella città argentina di Rosario).
E pensare che Totonno Chiappetta che nelle Americhe tentò la fortuna prima di far ritorno nella sua Cosenza si adoperò in tutti i modi per far uscire dalla depressione il cugino Tony Vilar, portandolo con sé a fare il cameriere nei ristoranti americani, ma senza riuscirvi. Difficile il carattere di Ragusa che gettò alle ortiche anche le residue speranze di riagguantare il successo dopo la calorosa accoglienza tributata in Italia al film di Gagliardi.
Al termine dell’audizione Totonno Chiappetta ringrazia e porta a casa la targa ricordo della commissione cultura. “La vostra è una iniziativa eccellente – dice ai componenti - che fa sentire vivo l’artista anche quando sembra che non abbia più tanto da dire.”
E nell’affermare queste cose sottolinea come “ci sono dei Paesi, come la Francia, dove l’artista è considerato patrimonio dello Stato, tanto da essere pagato anche quando resta inattivo.” E ricorda del cantautore Joe Sentieri che incontrò una volta al mercato di via Sannio a Roma. “Si era ridotto a fare il venditore ambulante e da lui acquistai un cappotto usato e tre libri. Incredibile!”
Prima di andar via, però, non può esimersi dal declamare una delle sue tante poesie. Ha scelto “Festa di piazza” che evoca i profumi e i colori delle feste di paese, ricordando da inguaribile romantico quale è, gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza.
Quegli anni che non tornano più.











 

Autore: Giuseppe Di Donna