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Sull'eco villaggio rom il Consiglio comunale si aggiorna

cons com rom
30 ott 2012

Dopo un lungo dibattito, nel quale è intervenuta la stragrande maggioranza dei consiglieri comunali, la seduta aperta che aveva quale unico punto in discussione l’allocazione dell’eco villaggio Rom, si è aggiornata a nuova convocazione.
La richiesta in tal senso, scaturita da una breve riunione della conferenza dei capigruppo, è stata formalizzata in aula dal consigliere di IDV Domenico Frammartino.
E’ stata proprio la pluralità del dibattito, i tanti spunti offerti alla discussione dalla relazione del Sindaco Mario Occhiuto alla quale è seguito l’appassionato intervento del Vescovo Mons. Salvatore Nunnari, a far convergere l’aula su questa decisione.
Il Presidente del Consiglio – ha comunicato Frammartino – provvederà a convocare una nuova conferenza dei capigruppo, allargata a tutti i consiglieri interessati e con il coinvolgimento del Sindaco per approfondire il progetto ed arrivare ad una determinazione il più possibile condivisa. E’ emersa, altresì, l’esigenza - rappresentata dai più e dallo stesso Primo cittadino - di coinvolgere le associazioni impegnate nel supporto ai cittadini rom.

LA CRONACA DEI LAVORI

E’ iniziato con il ringraziamento all’Arcivescovo, Mons.Salvatore Nunnari, per la partecipazione al civico consesso e per la vicinanza all’istituzione Comune e alla città di Cosenza, l’intervento del Sindaco Mario Occhiuto con il quale è cominciata nel pomeriggio la seduta del Consiglio comunale aperto dedicato alla questione dei rom.
“Su questa problematica oggi all’ordine del giorno – ha detto Occhiuto - c’è una posizione del Sindaco, a tutti più o meno nota, alcune volte anche strumentalizzata, ma che ha creato un dibattito all’interno delle forze politiche e della comunità.”
Occhiuto ha premesso che “il modo di intendere la politica di questa amministrazione è quello di sottolineare che la città è da intendere come casa comune e quindi come luogo della condivisione e della convivenza. Qualche volta sembra invece che le città siano la negazione della convivenza, per diventare luogo delle contrapposizioni, di interessi personali e di gruppo, ma convivere vuol dire condividere ed accogliere le esperienze come arricchimento.
Il vivere insieme produce, infatti, relazioni di conoscenza e di amicizia.
Una città della convivenza – ha rimarcato ancora il Sindaco Occhiuto - è anche laboratorio dei diritti di cittadinanza e necessita di azioni concrete. Noi stiamo cercando di attivare strategie attive per il lavoro attraverso nuove opere. Tra queste ci sono anche le politiche per le persone e non un assistenzialismo attraverso l’erogazione di contributi che non rappresentano la soluzione i cittadini in difficoltà. Una strada quest’ultima nemmeno più percorribile per i tagli che sono stati imposti a tutto il sistema delle autonomie locali.
Il nostro è dunque – ha detto inoltre Occhiuto - un modo di stare vicino a chi vive situazioni di difficoltà attraverso una politica che nel tempo sia in grado di mitigare situazioni. La città deve essere percepita, dunque, come luogo della solidarietà e per questo ringrazio le tante associazioni che offrono assistenza e che meritano la nostra vicinanza per il prezioso lavoro che svolgono.
Devo ringraziare anche i consiglieri di maggioranza che sono stati vicini al sindaco anche di fronte al tentativo maldestro di dividerlo dalla sua maggioranza in questo Consiglio. C’è stato- è vero - un dialogo ed un confronto serrati, ma è attraverso il dialogo che stiamo risolvendo situazioni ataviche. Governare una città vuol dire soprattutto avere pazienza e rappresenta un atto d’amore verso tutti. Io sono un sindaco tecnico, in quanto conosco i problemi della città avendola studiata da tecnico, ma sono anche un sindaco politico perché governare significa dare delle risposte e favorire realizzazioni a favore dei cittadini, anche di quelli che verranno dopo.
E’ importante pensare e progettare, non governare a vista. Anche per questo problema (che risale ormai a dieci anni fa) e che vede centinaia di persone vivere in una situazione indecorosa e pericolosa per tutti, non si è mai trovata una soluzione. Si pensa di risolverla trattando queste persone come pacchi postali da distribuire nei Comuni. Non è questa la soluzione e ogni tentativo in questa direzione è fallito.
Noi siamo per l’accoglienza, ma anche per la sicurezza della città. Tant’è che abbiamo studiato insieme al Prefetto e al Questore – e al Vescovo che, voce isolata – ha pubblicamente sollevato questo problema – per arrivare alla proposta di un centro di valorizzazione della cultura rom che non significa solo un luogo fisico nel quale trovare riparo, ma un modo di restituire ai rom anche una dignità lavorativa.
Al momento, quindi, il progetto non è quello di distribuire residenze, ma di creare i presupposti per una reale integrazione, attraverso un centro che valorizzi la cultura dei rom e che ne realizzi l’effettiva inclusione, attraverso buone pratiche di scambio con i cittadini di Cosenza. Tutto questo presuppone un regolamento per garantire le condizioni di sicurezza, escludendo i rom che hanno commesso e commettono crimini e reati. Nello stesso regolamento sarà resa obbligatoria la scolarizzazione dei bambini rom, così come si impedirà di accendere fuochi all’interno del centro e di ospitare persone senza specifica autorizzazione. Quindi condivisione e accoglienza, ma all’interno di regole concordate.
Ritengo – ha concluso Occhiuto - che la mia posizione vada in direzione dei più svantaggiati così come della città che vive una situazione di insicurezza. Sono sicuro di essere nel giusto e manterrei questa convinzione anche in una posizione di minoranza. Ringrazio la maggioranza per il sostegno e indicazioni che ha fornito e invito i consiglieri di minoranza ad assumere una posizione di appoggio e condivisione su un argomento che fa onore alla città di Cosenza.”
 

“Questo Consiglio comunale sta discutendo di un problema davvero grosso per la città di Cosenza. Credo sia compito della democrazia compiuta, dinanzi ai problemi grandi, trovare un’intesa per affrontare il problema al di là delle posizioni politiche o partitiche.”
Così l’Arcivescovo di Cosenza, Mons.Salvatore Nunnari, che ha preso la parola immediatamente dopo l’intervento del Sindaco Occhiuto, nel Consiglio comunale aperto dedicato alla questione dei rom.
“Ho vissuto dentro questo problema – ha detto il presule - sin dalla notte terribile in cui il fiume Crati stava straripando e di notte fui svegliato per sistemare i rom. Misi a disposizione la Cattedrale, ma trovammo l’aiuto anche di “Stella Cometa”, che non era certo il luogo adatto, ma quella notte ho scoperto la bontà delle associazioni di volontariato che per molti giorni si sono adoperate. Un’altra esperienza l’ho fatta la notte dell’incendio e dai rom ho imparato la grande lezione evangelica della solidarietà.
Ricordo sempre l’espressione di Cacciari : “sono sindaco e ho dovere istituzionale di assicurare dignità a chi viene e serenità alla mia città.”
Ho molto pensato e riflettuto, arrivando alla conclusione di ritrovarmi nelle parole contenute nella lettera pastorale dell’Arcivescovo di Torino: “non stranieri, ma concittadini”.
Sono contento – ha aggiunto Mons.Nunnari - di aver ascoltato dal Sindaco Occhiuto parole di condivisione e solidarietà. Non può il Cristiano essere contro l’integrazione che arricchisce culturalmente, ma che per noi è un valore evangelico.
La gente che arriva vuole essere guardata con gli occhi buoni del cuore. Povertà e miseria portano a situazioni spesso deviate, ma da questo un’autorità costituita deve proteggere la sua città. Non sono qui per soluzioni tecniche, ma per portare la voce della Chiesa, Un popolo come quello rom va integrato ed accolto. Sarebbe bellissimo se ogni famiglia cristiana potesse accogliere una famiglia rom, ma questo discorso dalle nostre parti è difficile. Spesso esiste una mentalità che non è solidale.
C’è una lunga strada da percorrere che comporta da parte della coscienza umana e cristiana una valutazione sincera. Io farei un tavolo di concertazione con loro, ci sono gruppi di volontariato che sono interessati. Sarebbe bello.
Non entro nel merito delle proposte, ma forse un coinvolgimento e anche una inculturazione della nostra fede di cristiani sarebbe d’aiuto.
Il cristianesimo culto è facile, un cristianesimo vita, in mezzo agli uomini, è difficile.
Quella che dobbiamo contribuire a costruire è una città solidale per una accoglienza fraterna. Ci sono- è vero - i problemi che derivano dalla devianza, ma anche la ricchezza che viene dalla loro cultura.”

IL DIBATTITO

Il lungo dibattito è stato aperto dal consigliere proponente MARCO AMBROGIO (PD) il quale ha sostenuto che “il problema non si risolve con un villaggio nel quale ghettizzare i rom”. Ambrogio si è detto perplesso dell’accordo della maggioranza sulla questione “perché – ha detto - abbiamo sempre discusso di questa problematica e siamo sempre stati contro il campo rom”. “Cosenza non è una città razzista – ha aggiunto - ci sono già tanti rom distribuiti per la città, quindi significa che li abbiamo già accolti.
Oggi siamo qui a chiedere a gran voce che non venga creato un ghetto ma che del problema si faccia carico l’area urbana, l’intera provincia. Non si crea integrazione facendo subire ad una comunità l’invasione di 700 persone. Nelle linee programmatiche del Sindaco non si parla poi di residenze rom ma di iniziative per valorizzare la cultura dei rom. Non vorrei che dietro questo progetto si nascondesse l’interesse privato di qualche costruttore. Chiedo dunque al Sindaco di tornare sui suoi passi ed ascoltare quello che realmente gli dicono i cittadini e la sua maggioranza. Noi non vogliamo ghetti che creano malaffare, prostituzione e delinquenza. Credo - ha concluso - che vada aperto un tavolo tecnico e istituzionale con Provincia e Regione”.

GIUSEPPE SPADAFORA (I Moderati) ha ricordato che la presenza dei rom in città affonda le sue radici nel passato. “Dall’epoca Mancini, quando si sgomberò il campo di Gergeri e per i ROM si costruirono le case di via degli Stadi – ha detto - il fenomeno è quadruplicato ed è nazionale. Il Ministero degli Interni non riesce a dare segnali importanti e non si riesce a controllare il flusso migratorio”. Tornando a Cosenza “la questione tocca i cittadini perché è in gioco la sicurezza – ha affermato. Ai rom che vogliono vivere nella nostra città dobbiamo tendere la mano ma devono accettare di rispettare le regole”. Spadafora riconosce ad Occhiuto “il merito di aver affrontato il problema da un punto di vista culturale oltre che sociale. Dobbiamo interagire perché le cose cambino, soprattutto da un punto di vista culturale, dando prova di buona volontà. Non si può vedere proliferare la baraccopoli né è possibile pensare che queste persone siano senza controllo. Il quartiere di via Popilia non può sopportare da solo questo problema. Il fenomeno rom per essere disciplinato richiede uno sforzo notevole da parte di tutti i soggetti istituzionali, anche il Sindaco da solo non può farcela”.

SERGIO NUCCI (Polo Civico Buongiorno Cosenza)
“Addolora l’assenza di alcune autorità civili, militari e politiche. Sono assenze che non possono essere guardate con sufficienza ma forse sono un segnale, ed è un segnale che ci impaurisce”. Così Sergio Nucci che poi aggiunge “è un onore avere la presenza del Vescovo ma è soprattutto una testimonianza tangibile di come questa problematica riguardi tutta la collettività.
La questione dell’accoglienza è da sempre motivo di divisione per coloro che intendono la convivenza in modo diverso. Ma io mi chiedo, rispetto a chi chiede aiuto come deve comportarsi una società come la nostra? Cosa deve fare chi ha la responsabilità di governo rispetto a chi ha bisogno? Ne abbiamo tanti in città, che non sono rom. Noi oggi parliamo di persone, di esseri umani. E per qualcuno ciò equivale a non avere diritti o dignità. Non è così. Forse oggi il Consiglio avrebbe dovuto occuparsi dell’accoglienza in generale. Fortunatamente esistono le associazioni umanitarie, esiste una chiesa che molte volte è il primo e unico avamposto dell’opera di accoglienza dei più bisognosi. Che può fare un assise come la nostra? Può assumere delle decisioni ragionate, condivise, può mettere delle semplici regole in modo che tutti si uniformino e la convivenza sia il più libera possibile tra le persone, tenendo sempre fermo un ragionamento, che tutti hanno pari dignità e diritto di essere ascoltati. Anche i firmatari della petizione che il collega De Cicco ha portato all’attenzione dell’Amministrazione”. Da qui i presupposti che Nucci pone a fondamento di qualunque progetto, “che l’accoglienza sia realizzata nel pieno rispetto delle diversità senza ritenere che le stesse diventino alibi per non uniformarsi alle leggi e agli ordinamenti del nostro paese; piena e condivisa integrazione, altrimenti si darebbe vita ad ipocrisie; piena e convinta partecipazione a questo progetto di tutti i soggetti che hanno titolo per dire la loro, la Chiesa, le istituzioni locali, le autorità, gli enti, anche i Comuni contigui. Questa azione può trovare sostegno pieno, altre proposte preconfezionate no”.

SANTE LUIGI FORMOSO (PD)
“Anche io avverto il rammarico dell’assenza di alcune entità istituzionali, comunque apprezzando l’impegno e gli sforzi del Sindaco”. Citando Mazzini, Formoso afferma che bisogna “lavorare allo sviluppo dell’umanità sostituendo all’esercizio della carità un lavoro di associazione”. Il consigliere del PD si dichiara convinto che “la soluzione non può rimanere in ambiti territoriali cittadini, stante l’infruttuosità delle soluzioni trovate nel tempo. Una soluzione a larga scala con il coinvolgimento delle istituzioni e di ogni cittadino di buona volontà. Chiedo che dopo un adeguato censimento delle popolazioni si provveda alla distribuzione delle famiglie nei vari contesti comunali. ogni Amministrazione avrà così un numero adeguato di fratelli sofferenti indirizzati ad una integrazione, di lavoro e scolastica, in tanti paesi che oggi, spopolati, vivono solo di ricordi”.

LINO DI NARDO (PDL)
Il capogruppo del PDL parla di crescita esponenziale del numero dei nomadi a Cosenza “che hanno occupato le sponde dei fiumi con insediamenti stanziali”.
“Cosenza non è razzista – ha detto Di Nardo - ma può diventare intollerante nei confronti di chi non ha mai voluto adeguarsi”. Evidenzia poi le negatività, “gli episodi di microcriminalità che diventano grandi per chi vive vicino ad insediamenti, i bambini costretti all’elemosina piuttosto che essere portati a scuola. Lo zingaro – ha detto - vive in un proprio stato, dominato dalle sue leggi orali, che non lasciano spazio al riconoscimento dell’autorità statale. Lo stato nazionale è percepito come l’oppressore, senza lasciare spazio alla mediazione. Capiamo allora come sia difficile comunicare con persone che hanno una concezione del mondo così contrastante. Non può esistere solidarietà autentica senza l’inserimento delle persone in un contratto sociale. Vanno cercati itinerari e metodi opportuni per una Cosenza accogliente e aperta, dove siano assicurate le condizioni per uno sviluppo integrale e siano tutelati i diritti.
L’accogliente e solidale comunità cosentina – è la conclusione di Di Nardo - non può farsi carico di ulteriori emergenze. Non abbiamo la voglia di trovare una soluzione agli oltre 1000 occupanti della baraccopoli. Non vogliamo fare strumentalizzazioni sulle responsabilità politiche ma devo stigmatizzare l’inerzia delle autorità che, anche di fronte ad un decreto giudiziario, non hanno predisposto ogni iniziativa diretta ad evitare nuovi insediamenti.
L’accogliente e solidale comunità cosentina deve trovare una soluzione che realisticamente cerchi di dare concretezza al possibile. Pertanto siamo d’accordo sulla proposta del Sindaco di rimodulare il centro della cultura rom in un centro che possa dare anche accoglienza a parte degli occupanti della baraccopoli con tutte le garanzie in termini di sicurezza, con il conseguente smantellamento della baraccopoli e l’allontanamento dei soggetti non regolari. Ancora meglio se poi dovesse esserci la disponibilità a collocare su un territorio più ampio queste persone”.

MARIA LUCENTE (Gruppo Misto)

“Il Sindaco ha espresso termini eccellenti: convivenza, accoglienza delle differenze, solidarietà, dialogo, ascolto, diritto di cittadinanza. Termini importanti che non portano però a comportamenti consequenziali. È la modalità che non mi trova convergente, così come in passato, in occasione del villaggio di via degli Stadi. Il contatto non si realizza con la separazione di spazi”. Il consigliere Lucente ha ricordato la sua esperienza di dirigente scolastica che integrò nella sua scuola bambini rom ma anche il rifiuto a farlo di tante altre scuole. Non si tratta di dividere – ha detto - ma di considerarli alla stregua di altri cittadini che hanno bisogno. Il nostro livello culturale e la nostra capacità organizzativa non sono ancora maturi. Siamo di fronte ad un termine terribile: rifiuto della diversa cultura e delle diverse abitudini, e paura del diverso. Necessita un tavolo serio di concertazione che affronti un lavoro impegnativo. Altre soluzioni sono solo liquidatorie e sbrigative. Non accuso il Sindaco per aver pensato ad una soluzione di passaggio ma gli dico che gli fa perdere tempo, meglio impegnarsi sul versante del tavolo di concertazione, diventando protagonista di un processo vero di sensibilità europea”.

MASSIMO COMMODARO (Occhiuto Sindaco) sottolinea la “convergenza tra le parole del Sindaco e quelle del Vescovo. In politica e non solo – ha aggiunto - contano i fatti. E i fatti dicono che abbiamo presentato il progetto di un centro di valorizzazione della cultura Rom e non di un campo Rom. La politica non può voltarsi dall’altra parte come ha fatto in passato. I Rom si trovano sulla sponda di un fiume e non si è trovata mai una soluzione. La nostra soluzione è quella giusta per una comunità che si vuole integrare. E non è una guerra tra poveri, anzi garantisce sicurezza, perché l’integrazione va fatta sul lavoro e sulla scolarizzazione. Cosenza è da sempre una città accogliente e oggi lo dimostra non voltandosi dall’altra parte ma agendo”.

ENZO PAOLINI (PSE)
“Per come si è manifestato il dibattito fino adesso, percepisco che il punto a cui sono giunte le cose è di non ritorno. Siamo al punto zero e abbiamo perso perchè nei nostri quartieri c’è una intera comunità che vive in condizioni disumane. Perché c’è una zona della città che è diventata terra di nessuno. Abbiamo perso perché ci sono bambini che non sanno né leggere né scrivere. Abbiamo perso perché interi segmenti vivono con la paura del diverso, senza pensare che stiamo parlando di cittadini europei”.
Paolini affronta allora la problematica partendo dalla “diserzione della politica, venuta meno al suo compito che è quello di prevenire situazioni di questo genere. Più di un anno e mezzo fa avevate portato acqua e sanitari ai campi Rom, una ottima premessa, ma poi l’acqua ha smesso di arrivare e da questi banchi sulla situazione di quei campi si implorava di intervenire prima che avvenisse il peggio. Era nelle cose che sarebbe accaduto qualcosa”.
L consigliere del PSE reagisce poi all’accusa di strumentalizzazione “per ogni cosa di diverso e di dissenziente che si dica”, affermando “sì, voglio strumentalizzare ogni occasione, è il compito per il quale siamo stati eletti, farsi strumento di chi non ha voce.
Bisogna pensare ad un disegno di questa città, non serve progettare a più non posso ma senza un filo conduttore, con un pensiero che sia più attento al contenitore che non al contenuto, le persone.
Sui rom la diserzione è cominciata quando si è chiuso gli occhi sul problema, non capendo che bisognava aprire un dialogo vero”. Sulla prospettiva dell’eco villaggio Rom, Paolini si chiede “in base a quale criterio si farà l’assegnazione degli alloggi? E perché via Popilia? Questa dei Rom – ha aggiunto - non può ridursi ad un punto all’ordine del giorno. Non ci si può chiudere in un fortino come se i cittadini fossero una minaccia e i Rom un problema. Bisogna riannodare il filo del discorso sociale”. Il consigliere del PSE, al termine del suo intervento, ha depositato una mozione.

MASSIMO BOZZO (UDC) parla di “un problema più grande di noi. Va bene rispettare e accogliere il forestiero, ma dico che il forestiero deve rispettare chi lo ospita”. Il consigliere dell’UDC torna sulle assenze istituzionali alla seduta aperta, evidenziate da altri colleghi, aggiungendo “dov’è il Presidente della Provincia di Cosenza?”. Ribadisce poi un profondo rispetto per la comunità Rom, da considerare alla stregua di tanti nostri emigranti che hanno vissuto il disagio di dover lasciare il proprio paese. L’intervento si sposta poi sul piano delle responsabilità, “per anni – ha affermato - hanno voluto farci credere che questa era una città europea, oggi invece tocchiamo con mano le contraddizioni. Cosa hanno fatto gli amministratori precedenti per la prevenzione”. Non ci sono alternative per il consigliere del’UDC, “ mandarli via aizzando i cosentini contro di loro oppure programmare, avviando il graduale processo di integrazione”.

GIOVANNI CIPPARRONE (SEL)
apre il suo intervento ricordando la sua passata esperienza di Presidente della circoscrizione di via Popilia. “Nessuno mi ascoltò, nessuno volle dare bagni e luce, alla fine condividemmo il percorso solo con le associazioni. È ovvio che oggi la problematica abbia queste dimensioni e si discuta in questi termini per cercare una soluzione condivisa”. Cipparrone ringrazia i cittadini di via Popilia, “è da 35 anni - ha sottolineato – che offrono accoglienza e solidarietà”, se via Popilia è cresciuta, è perché ha saputo accogliere il resto della città”. Anche SEL è d’accordo sul tavolo di concertazione, aperto ai cittadini.

ANDREA FALBO (UDC)

Da residente di Gergeri, per tanto tempo insediamento di un campo Rom, il consigliere dell’UDC ricorda che c’è sempre stato rispetto ma mai vera integrazione.
“Nel merito – ha detto - gli interventi hanno aperto due soluzioni: il tavolo istituzionale, da una parte, il progetto del villaggio dall’altra. Questa seconda soluzione presenta il vantaggio di migliorare la situazione esistente che è di grande degrado. C’è però lo svantaggio della ghettizzazione, sono ridotte le possibilità di effettiva integrazione con il rischio di creare una grave situazione di collisione con i residenti nel sito prescelto. Speravo che mi convincesse la proposta dell’eco villaggio, quale soluzione migliore, - ha affermato Falbo - ma dopo alcuni interventi, il mio equilibrio è venuto un po’ meno. Qualcuno qui ignora la nostra storia, la storia dei nostri nonni e dei nostri padri emigranti. Penso che se il documento è stato redatto seguendo quanto espresso con tanto disamore nei confronti dell’essere umano, non lo voterò, criticandolo anzi in maniera aspra”.

DOMENICO FRAMMARTINO (IDV) avverte come “unico fallimento che potrebbe verificarsi stasera, quello di licenziare il documento solo con il voto della maggioranza”. Alla luce degli interventi precedenti, il consigliere dell’Italia dei Valori aggiunge a quanto emerso la proposta di “un crono programma dai tempi stretti. Istituiamo una commissione bipartisan che richiami l’attenzione degli interlocutori esterni, che oggi non ci sono. Cosenza non è chiamata a decidere da sola. Dopo potremmo prendere una decisione forte, robusta che non soffrirebbe della delimitatezza di una delibera di consiglio comunale”.

ROBERTO BARTOLOMEO (Popolari e Liberali Cosenza) parla di un obiettivo comunque raggiunto che è quello “di aver aperto una discussione. Concordo con l’ apertura di un tavolo interistituzionale perché penso che stasera non si può uscire con una proposta definitiva”. Bartolomeo chiede il coinvolgimento della Provincia e dei Sindaci dei Comuni più importanti. “Non sono d’accordo che non sia giusto distribuire queste famiglie – ha detto – perché non penso sia una divisione ma una integrazione”.

CATALDO SAVASTANO (Autonomia e Diritti)

“Ho avuto l’impressione di rivivere un Consiglio di qualche anno fa quando si presentò un identico problema che riguardava i Rom spostati, a seguito di una decisione evidentemente unilaterale, a via degli Stadi. Non vorrei che si stesse procedendo anche questa volta ad una righettizzazione dei cittadini Rom ricommettendo lo stesso errore. Apprezzo l’iniziativa e la determinazione del Sindaco ma non ho ben capito come si voglia procedere, da dove provengono i fondi e quali sono i tempi.
Credo invece ci sia la necessità di attivare un tavolo di concertazione e di avere la collaborazione dei cittadini, perché è un problema sociale che riguarda l’intera città. Finalmente ci si è posti nella condizione mentale di voler risolvere il problema di questi fratelli che vivono in maniera disumana, un problema che non ha mai trovato la disponibilità dei Sindaci”.

CARMELO SALERNO (Lista Scopelliti), dopo aver sottolineato di non essere a conoscenza del documento che la stampa invece dice essere stato firmato anche da lui, punta poi l’attenzione sulla problematica, delicata e importante, che investe sostanzialmente due piani, “accoglienza, inclusione sociale, rischio di emarginazione, bambini spesso sfruttati e sottratti alla scuola, sono problematiche importanti ma altrettanto lo sono i temi della sicurezza, della legalità, della tutela delle aspettative dei nostri concittadini. La soluzione confacente alle aspettative dei Rom e dei nostri concittadini –ha detto – parte dal presupposto che si sappia quante persone devono trovare adeguata sistemazione. Se non siamo in grado di capire questo numero, significa che continua questo atteggiamento ad oscurarsi. Bisogna poi sfatare che i Rom siano dei nomadi. Non si può pensare ad una soluzione a tempo, ma definitiva. Dobbiamo sapere che i Rom romeni non possono essere mandati via, in quanto cittadini della comunità europea, a meno che non siano dediti alla criminalità, ma anche la criminalizzazione non può essere generalizzata. E dobbiamo anche sapere che le etnie Rom sono prevalentemente composte da minori. Se queste sono le premesse, dobbiamo prendere in considerazione la proposta. Ho ascoltato parole di accoglienza ed amore. Il gesto d’amore è l’incontro tra due volontà, tra due afflati. Dobbiamo vederlo l’afflato della nostra città, e anche della nostra provincia, nei confronti dei Rom. Via Popilia non deve dimostrare nulla in termini di accoglienza. Dobbiamo pretendere dalla comunità che ospitiamo che vengano osservate alcune regole.” Il consigliere Salerno sintetizza i suoi presupposti, preliminari a qualsiasi proposta, in “censimento, obbligo di istruzione e richiesta alle autorità, oggi assenti, che devono essere eseguiti i provvedimenti restrittivi quando necessari”. Sul progetto del Sindaco ha concluso “avevo espresso perplessità sulla rimodulazione del Pisu e non emergevano le residenze. Ora sono ancora più deciso nel dire che non condivido la scelta che vedo come ulteriori ghettizzazione e isolamento”.

RAFFAELE CESARIO (UDC) parla di una “soluzione non semplice, e non basta avere la maggioranza per dire di aver risolto il problema. Penso che dovremmo tendere all’obiettivo della promozione di una convivenza urbana civile tra soggetti che hanno diversa estrazione e interessi. I cittadini di via Popilia – ha detto - hanno assoluto diritto di esprimere le loro posizioni e favorire la coesione non può prescindere da un percorso che svelenisca il clima”. La proposta del capogruppo dell’UDC si sintetizza nella “condivisione della problematica con il territorio, andando oltre la città di Cosenza, in primis ai Comuni contermini. Questa non è un’azione che il Comune di Cosenza può imporre”.

Chiude il dibattito FRANCESCO DE CICCO (Popolari e Liberali Cosenza), al quale è stata consegnata una petizione che raccoglie la firma di 4000 cittadini contrari alla realizzazione dell’eco villaggio rom in via Popilia. È a nome di quei 4000 cittadini che parlo” – ha esordito. De Cicco ha ribadito che da dieci anni convivono con i Rom e – ha detto – “chi ci vive tutti i giorni sa che il 70% non è fatto di persone perbene”. Ribadendo fiducia nei confronti del Sindaco, il consigliere ha chiuso dicendo che “ se l’eco villaggio risolve il problema, bene. Ma a via Popilia non se ne parla”.

Al termine del dibattito il Sindaco Mario Occhiuto è nuovamente intervenuto ribadendo che “il primo problema è il grave rischio che corrono le persone che vivono lungo il fiume. La politica – ha affermato - dovrebbe essere la ricerca del bene comune. Ed è proprio nell’amministrare una città che ci si rende conto che il bene comune non è la somma delle aspirazioni individuali ma qualcosa che richiede uno sforzo maggiore ed anche un prezzo. Da quello che vedo i Rom sono come discariche, non li vuole nessuno. Parliamo di solidarietà, di integrazione ma vale sempre per gli altri. Io non sono tra quelli che pensano che queste persone sono peggio degli altri, e se devo chiedere scusa a qualcuno è proprio alle associazioni che nel problema ci vivono.
Io stesso ho partecipato a tanti tavoli che pure hanno dato un contributo e un supporto, ma vogliamo continuare a discutere senza risolvere il problema? Vogliamo che queste persone continuino a vivere in questa area rischiosa e, tra l’altro, anche sequestrata? Potremmo farlo sapendo che abbiamo davanti solo altri tre anni di governo della città, ma credo invece che abbiamo il dovere di trovare una soluzione. Forse la nostra non è la soluzione ideale ma è quella che ci si avvicina. Abbiamo parlato di un Centro della cultura Rom proprio perché non è solo un luogo da abitare. Non c’è preclusione da parte mia ad altre proposte ma non credo ci siano soluzioni alternative. Non so se avrò la maggioranza, ma sinceramente non mi preoccupa anche se penso che sarebbe opportuno uscire da qui con una soluzione condivisa, e che ci debba essere il coinvolgimento delle associazioni. Comprendendo le paure e le contrapposizioni, chiedo al Consiglio di trovare una sintesi per un documento che, con l’aiuto delle associazioni, consenta un Centro che realizzi un dialogo con queste persone e, in prospettiva, un progetto di inclusione. Chi vi sarà ospitato dovrà accettare di vivere nella legalità. Avete il diritto di sfiduciare il Sindaco ma non avete il diritto di chiedergli di cambiare la sua impostazione”.

Al termine, dopo una riunione della conferenza dei capigruppo, l’aula opta per l’aggiornamento della seduta.
















 

Autore: Annarita Callari